EUROPA DI CONFINE, Alla ricerca del Minotauro… a Sofia
[Pubblichiamo questo post all’indomani della sentenza riguardante i responsabili delle minacce ricevute dallo scrittore Roberto Saviano per la sua meritoria opera letteraria e giornalistica contro le mafie sia italiane che internazionali. Senza nulla togliere all’importanza di questa opera e all’espressione di completa solidarietà da parte della redazione del Girovago, nonché dell’autore del pezzo, riteniamo utile esplorare con senso critico altre parti della produzione giornalistica di Roberto Saviano – senza agitare né santi né demoni, ma continuando ad ascoltare].
Ti dico questo solo perché una conversazione è un viaggio e ciò che le dà valore è la paura. Arrivi a capire un viaggio perché hai avuto una conversazione, non viceversa.
Anne Carson, Antropologia dell’acqua
Tú no eres italiano, tío, tú eres búlgaro…
Javi, Sevilla, 2006
Roberto Saviano è uno dei pochi scrittori e giornalisti italiani ad essersi occupato della tornata elettorale che ha avuto luogo in Bulgaria il 5 ottobre 2014. In un articolo pubblicato sul sito dell’Espresso, intitolato “Questa Bulgaria sembra l’Italia”, Saviano commenta la situazione di instabilità politica che si è creata dopo il voto bulgaro, collegandola a una condizione di più ampia difficoltà per il Paese balcanico. Il primo posto nei seggi, infatti, è stato conquistato dal partito di centrodestra GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria), al potere, quasi ininterrottamente, dal 2009, ma l’assetto politico del Paese non è ancora chiaro e definito.
Contribuisce in modo decisivo a questo scenario, secondo Saviano, una debolezza strutturale della Bulgaria, simile a quella dell’Italia: in entrambi i Paesi, è «inverosimile che investitori stranieri decidano di portare i propri capitali», mentre «gli investitori (…) fuggono per via di in un clima politicamente instabile, di una giustizia lenta e che non riesce a dare garanzie, di una criminalità che ha aziende competitive che sbaragliano la concorrenza e di una corruzione istituzionale diffusa ovunque, di un clima di iniquità che rende difficilissimo avere fiducia e fare progetti».
Non mi importa replicare in modo snobista – …molti altri lo fanno quando leggono gli articoli di Saviano – a questa tesi, rimandando magari a un mio post precedente, nel quale evidenziavo un’altra debolezza strutturale della Bulgaria, legata alla dimensione dell’economia politica, piuttosto che alla questione della legalità. Mi interessa, però, riprendere una battuta citata da Saviano nell’articolo e che originalmente si deve al giornalista britannico Misha Glenny, autore, nel 2008, di McMafia. Crime Without Frontiers. Dice Glenny che «l’Italia è una democrazia con dentro la mafia, la Bulgaria una mafia con dentro la democrazia».
Il gioco delle matriosche, tuttavia, appartiene molto più alla tradizione russa che non a quella bulgara: entrambe le definizioni di Misha Glenny non sembrano reggere fino in fondo al confronto con la storia dei due Paesi, che è molto più ampia e più greve della battuta, che è poco più che un esempio di British humour, del giornalista.
Infatti, senza togliere neanche un milligrammo al peso delle mafie italiana e bulgara nella storia e nella società dei due Paesi, nelle matriosche dell’Italia e della Bulgaria c’è anche dell’altro, che ha a che fare, ad esempio, con le loro strutture economiche e con le loro tradizioni storico-culturali. Qualcosa che va aldilà della perpetuazione di caste e di mafie e delle loro rappresentazioni, incessantemente ripetute fino quasi a cadere, anche inconsapevolmente, nello stereotipo.
Una matriosca enorme può essere scovata, ad esempio, nel centro di Sofia: nel cortile dell’hotel Sofia Hotel Balkan, in a una zona adibita a scavi archeologici, si erge una chiesetta cristiana del IV secolo d.C., la rotonda di San Giorgio. Considerata una degli edifici più antichi della capitale, risale al periodo in cui Sofia, diventata città della “saggezza” con i bizantini, era ancora chiamata Serdica, nome dato dai Traci e conservato per qualche tempo dai Romani dopo aver conquistato la città, nel 29 a.C.
La rotonda di San Giorgio è una chiesa piccolissima, di dieci metri circa di diametro, le cui pareti, altrimenti spoglie, sono state affrescate tra il XIII e il XIV secolo; è diventata moschea durante l’Impero ottomano ed è poi tornata ad essere chiesa cristiana. Oggi ha perso quasi del tutto le sue funzioni religiose e, pur essendo considerato un monumento, è conservato nel cortile di un albergo di lusso.
Con tutti questi rivolgimenti, è difficile capire se si tratti di un vero e proprio gioco di– matriosche, per quanto riguarda la storia culturale della Bulgaria, o se non si tratti forse di un gioco di scatole cinesi, nella quale, alla fine, spingendoci ossessivamente a ritroso nel passato, non c’è nulla, come cercavo di argomentare in un post precedente…
In quell’articolo, tra l’altro, citavo anche lo splendido romanzo di Georgi Gospodinov, Fisica della malinconia (2011), che è ambientato in Bulgaria, ma ruota attorno alla figura mitologica del Minotauro. Che ci sia proprio il fantasma del Minotauro alla fine delle matriosche, o delle scatole cinesi, che costituiscono la storia culturale della Bulgaria?
Tutto sommato mi sembra un’ipotesi plausibile, perché siamo di fronte una figura mitologica che ha attraversato e attraversa ancora buona parte della storia europea, collegando la storia bulgara a quella della vicina isola di Creta, ma che potrebbe unirla anche all’Andalusia, terra di tori e corride…
Forse allora non aveva tutti i torti il mio amico Javi quando nel 2006, a Siviglia, sosteneva che, nonostante tutti i miei sforzi di “andalusità”, io riuscissi a dimostrarmi soltanto profondamente “bulgaro”… Non è che, tra bulgari, andalusi e italiani – in una parola, tra europei – conviviamo da sempre con gli stessi fantasmi, con lo stesso spettro del Minotauro? È un labirinto senza fine quello in cui ci stiamo aggirando?
Probabilmente sì, ma questo non può giustificare chi sostiene che la Bulgaria sia esattamente come la Grecia, come la Spagna, o come l’Italia … Non sto dicendo, infatti, che Bulgaria, Grecia, Spagna e Italia vivano la stessa condizione di “meridionalità”, in Europa. Non darebbe luogo a una descrizione molto lusinghiera, tra l’altro, questa idea di Sud, come dimostra la stessa scrittura di Gospodinov in questo passaggio di …E altre storie (Voland, 2008):
In un bagno tedesco, per uomini s’intende, i pisciatoi sono tersi e lucidi, ma al centro di ognuno c’è una mosca. Di primo acchito ti tiri indietro per il disgusto, poi ti rendi conto che la mosca è solo dipinta. Autentico realismo. Quella mosca esercita almeno due diverse funzioni. In primo luogo la sua assurda presenza deve sottolineare tutto il luccichio asettico del bagno tedesco e in particolare del pisciatoio. La seconda funzione, ho provato a studiarla, e sono arrivato alla conclusione che è di carattere puramente pragmatico. L’uomo davanti a un pisciatoio deve avere un oggetto come bersaglio. La mosca è un ottimo bersaglio, un obiettivo fastidioso che l’uomo inconsciamente desidera distruggere. E grazie al semplice sistema binario “bersaglio-distruzione del bersaglio” l’eventualità che un tiro distratto finisca fuori dal pisciatoio si riduce drasticamente. E così: mosca centrata, tazza immacolata. E l’uomo rimane soddisfatto. Tutto questo può accadere solo in un bagno tedesco, dove la mosca è dipinta. Ma se ci troviamo in un bagno nei Balcani?! (Qui, a ragione, li chiamano cessi.) In primo luogo le mosche sono più di una. Secondo, sono vive. E, terzo, non stanno mai ferme. Qui interrompiamo la nostra storia perché alle persone schizzinose verrà da vomitare, le signore si sentiranno trascurate e le analogie si trasformano in allegorie. Ormai nessuna storia può più essere inoffensiva.
Neanche la storiella di Gospodinov mi sembra del tutto innocente, perché finisce per riprodurre le nostre idee – ormai consolidate, a casuale dell’attuale crisi economica – rispetto al Nord e al Sud dell’Europa. Da un parte, l’efficienza e la produttività – anche nelle funzioni corporali! – dall’altra, la pigrizia e l’improduttività….
Al contrario, se può servire a qualcosa, attraversare l’Europa di confine, può aiutare a mettere in dubbio le nostre idee preconcette rispetto alle Nazioni, alle Storie, alle Culture e alle Economie che fanno parte di questa Unione.
Del resto, niente è come appare: dal sottosuolo emergono continuamente parti di memoria, e se nessuna storia può essere inoffensiva, allora non lo è neanche quella di una chiesetta al centro di una capitale del cosiddetto “Est” dell’Europa, che assomiglia moltissimo al “Sud”, eppure non rappresenta fino in fondo nessuno di questi punti cardinali… Perché i punti cardinali variano continuamente, secondo i punti di vista che si adottano di volta in volta…
E così, Sofia è Serdica, ad esempio, ma Serdica è anche Sofia, la “saggezza”: quest’ultima, però, non si trova necessariamente nella rotonda di San Giorgio, all’interno del cortile del Sofia Hotel Balkan; si trova, forse, in qualche cantuccio del labirinto – perduto – del Minotauro…
Come scriveva Calderón de la Barca, la vida es sueño, la vita è sogno… Forse Calderón ha vissuto per qualche tempo a Serdica, Sofia, Bulgaria, ma chi può dirlo?