EUROPA DI CONFINE, Motivi economici

L’ossessiva distinzione tra migrante economico e rifugiato, praticata ormai dalle
amministrazioni di tutta l’Europa, mostra come la politica principale sia finalizzata
al controllo dei flussi migratori irregolari, piuttosto che alla tutela del diritto d’asilo.
La chiusura delle frontiere praticata dai paesi europei fin dagli anni ‘70 ha avuto
l’esito di consolidare il canale clandestino come via d’accesso principale ai territori dell’Unione.
Questa strada, controllata da trafficanti organizzati, è utilizzata indistintamente da chiunque:
lavoratori, famiglie, profughi, criminali… Di qui l’esigenza di distinguere.
E’ tuttavia poco sensato pensare che un richiedente asilo non possa essere a sua volta
un lavoratore o un famigliare al seguito…

Chris Tomesani, Rifugiati e lavoratori (MeltingPot, 21 aprile 2004)

 

Come anticipato nel post precedente, la mappa dei voli low cost gioca un ruolo decisivo nella scelta dell’itinerario del nostro viaggio. Il percorso che ci porta da Sofia a Salonicco, infatti, è stato accuratamente studiato in funzione del low cost e del cambio euro-lev… Forse c’entra un po’ anche la crisi che nel 2010 sta già mietendo conseguenze imponenti in Grecia e, a questo proposito, non sappiamo dire se stiamo andando ad aiutare l’economia locale, come si dice nel gergo della crisi, o a sfruttare, in modo un po’ meschino, la situazione…

Con queste premesse, sembra inevitabile che il viaggio prenda una china non prevista, per quella che dovrebbe essere una vacanza, ma che in ultima istanza non lo sarà. Alle vacanze si associa spesso il divertimento, o la visita culturale; in questo nostro viaggio, invece, siamo costantemente assediati da considerazioni economiche, che non sono soltanto personali, ma a volte hanno anche un carattere più generale… Economia, economia, economia: d’altronde, non stiamo forse viaggiando verso i confini, più o meno stabili, dell’Unione Europea, e la UE non è forse unita, in primo luogo, proprio a livello monetario?

In questo senso, le nostre prime esplorazioni del centro di Sofia appaiono subito estremamente significative. Palazzi nuovi o, più spesso, ben conservati si alternano a case cadenti, smangiate, maciullate. Talvolta si tratta di vere e proprie macerie. Avevo già visto una simile devastazione in un viaggio precedente: a Sarajevo. Qui, però, non si tratta tanto delle conseguenze di una guerra, quanto dello sviluppo urbanistico caotico di una città in transizione tra modelli economici diversi.

La transizione è resa in modo iconico e molto immediato dalle facciate di alcuni palazzi, dove il compromesso è già tutto spiegato ed evidente, ma il processo si ramifica e si annida in ogni dove, ad ogni svolta di strada e di quartiere.

motivi-economici

L’entrata della Bulgaria nell’Unione Europea nel 2007 non ha frenato, anzi, ha notevolmente accelerato questi processi. Anche se la Bulgaria non è entrata nell’euro, l’adozione di una serie di misure economiche, negli ultimi anni, ha determinato la ricaduta in una fase di recessione per un Paese che all’inizio del 2009 è stato l’unico dei Paesi dell’area europea a vantare alcune performances economiche con segno positivo.

Il ritorno a tassi molto alti di povertà ha poi contribuito a una certa mobilità migratoria della popolazione bulgara verso l’Europa occidentale, rappresentata spesso come una minaccia (“l’invasione bulgara” o “l’invasione rumena”, a seconda dei casi) proprio in quei Paesi europei che hanno prodotto e incoraggiato le misure alla base del ciclo recessivo.

C’è una nota a margine che rende evidente tutta la paradossalità, per usare un grosso eufemismo, della situazione: dal 2007 i bulgari non sono più migranti economici, bensì cittadini della UE. Non si possono dunque respingere alla frontiera, come spesso si fa, o si dice di voler fare, nei confronti delle persone di origine non europea.

In quest’ultimo caso è stata introdotta la famosa distinzione, che è sociale, politica e ideologica (…e spesso vitale!) tra “rifugiati politici” e “migranti economici” che Chris Tomesani, in epigrafe a questo articolo, riesce molto facilmente a smontare. Contro i rifugiati e i richiedenti asilo non si possono adottare le stesse misure riservate ai “migranti economici”, che sono spesso designati unicamente come “clandestini”, una definizione umanamente e politicamente discutibile. E contro i cittadini europei?

A questo punto, mi torna in mente una storia molto diversa, e apparentemente molto lontana, che è accaduta negli ultimi tempi. Silvia Guerra, artista di origine italiana, trasferitasi da anni a Saint-Gilles, in Belgio, è stata espulsa dal Paese nel 2013 per motivi economici. La storia di Silvia Guerra è complessa e, pur essendo approdata sulle maggiori testate giornalistiche nazionali, è stata raccontata brevemente e in modo molto approssimativo. Questa intervista, rilasciata da Silvia Guerra a Wolf Bukowski per il sito “S-Connessioni Precarie”, tenta di fare il punto su questa vicenda, che ha dell’incredibile, ma anche dell’esemplare.

Perché in Europa si passa dall’essere cittadini a pieno diritto, all’essere migranti eventualmente “respingibili”, o viceversa, con molta fluidità. Il tutto, di nuovo, per ragioni economiche.

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