BELGIO, Permanenze etiliche

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Poco dopo essere arrivato in Belgio andai a casa di un amico dalle parti di Charleroi. Sentendo della musica venire dalla strada, ci affacciammo e vedemmo qualche decina di persone seguire festanti un manipolo di figuri abbigliati come il fante di coppe, con in testa un enorme cappello di piume di struzzo, zoccoli di legno all’olandese e colori dell’araldica belga (rosso, nero e giallo). Chiesi lumi al mio ospite che li liquidò come Barakis*, concludendo con un laconico «qualsiasi cosa pur di ubriacarsi ‘sti belgi…».

Nella mia testa, che lo volessi o meno, si era formato un piccolo pregiudizio: zitto zitto, se ne stava comodo tra le altre miriadi di sciocchezze che il cerebro produce quando, troppo in fretta, vuole risolvere l’apparentemente semplice equazione 2+2… illudendosi di avere tutti i fattori in mano.

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Mi capitò un’altra volta di incontrare quei figuri così conciati (sempre nel periodo che va tra il carnevale e la Pasqua) mentre ero in un paese con altri amici che stavolta mi ci portarono appositamente. Qui notai qualche dettaglio in più: si accompagnavano, ad esempio, ad un personaggio che suonava il tamburo e senza il quale i “fanti di coppe” non potevano muoversi. Tra i vari ammennicoli indossati, vidi una cesta con delle arance che venivano lanciate a chi li seguiva (non per colpirli ma come dono). Il tutto in un’atmosfera etilica e festosa.
C’erano anche i bambini abbigliati di tutto punto come… INfanti di coppe (scusate non ho resistito) che si divertivano imitando i grandi nelle movenze di quel semplice ed ipnotico balletto.
Il pregiudizio, che se ne stava comodo, dovette prendere una nuova forma e venne quindi scomodato per esser rimpinzato di altre immagini, idee, suggestioni! Questa volta li avevo derubricati come «colorati, buontemponi folkloristici che non disdegnano l’alcool».

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Complice il mio lavoro e la mia sfinente curiosità, il mese scorso ho avuto la possibilità di seguire un Gille (così si chiamano) fin dal suo risveglio, alle 3e30 del mattino! È qui, forse, che dovrebbe iniziare la storia fatta di colori, simboli, champagne per colazione, paganesimo, zoccoli battuti ritmicamente per svegliare l’estate, sacrifici per affittare “assurdi” abiti e cappelli che arrivano a costare oltre i 1000 euro, scope che scacciano l’inverno…
Invece questa storia finisce qui, perché quello che mi premeva condividere è la sorpresa, la scoperta di ciò che si dà per conosciuto, per capito. La necessità di rimanere ancora un po’ in un posto o in un paese, altrimenti si corre il rischio di andarsene con l’illusione di averne capito qualcosa. Per questo se posso, alle vacanze preferisco le… permanenze (a tempo limitato) così da riempirmi di colori ed andarmene con il sorriso inebetito di chi è sveglio dalle 3 di mattino a far foto e bere in una sequenza alternata senza soluzione di continuità.

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*Barakis: Dicesi di figuri che a Roma chiameremmo probabilmente zori, ogni dialetto avrà una sua variante linguistica e di stile. Abbigliati con tute sportive, possibilmente di acetato, prediligono il bianco, sono spesso appartenenti a classi sociali basse, con tendenze etiliche, prole maltrattata al seguito e vistose caten(on)e rigorosamente d’oro.

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