ROMANIA, Craiova

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Forse per noi italiani la Romania è un po’ come l’opera Il bacio di Costantin Brâncuși, ritrovata a casa di un contadino che la utilizzava come coperchio per i sottaceti. Un tesoro nascosto, quindi, ma che si trova molto vicino: si scopre soltanto per caso, come accade con le origini del suo autore, nato a Hobiţa, ma da sempre spacciato per “parigino” durante le lezioni di storia dell’arte al liceo.
Craiova è il luogo in cui Brâncuși si è formato durante i suoi primi anni di studio, con la frequentazione della Scuola d’Arte e Mestieri dal 1894 al 1898. Ho avuto il piacere di conoscere questa città grazie all’ospitalità di un caro amico, studente dell’Università di Craiova, ritornato in patria dopo tanti anni vissuti in Italia.

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Insieme i nostri sguardi attenti hanno ricostruito una piccola idea di ciò che è questa località in cui molti palazzi sono ancora in costruzione, altri stanno per essere demoliti e altri ancora sono scheletri di un passato, una storia, che edifici come il vecchio cinema Patria (un palazzo di un bianco surreale) ricordano.

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Gli alberi altissimi del parco naturale Nicolae Romanescu costituiscono il polmone verde della città. Un ingresso di colonne azzurre, un ponte di legno su un lago ghiacciato e delle sculture in pietra rendono questo posto incantato, sicuramente il luogo più bello.

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Le strade del centro sono piene di forni per comprare il pane e le persone attendono in fila il loro turno. Verso sera queste strade si svuotano e in inverno c’è spazio solo per una fitta nebbia. Così i ragazzi s’incontrano in qualche pub, come il Da Vinci o l’irlandese; diversamente dai locali italiani, qui si può fumare ovunque e non esistono stanze per non fumatori, così dopo soli cinque minuti ti ritrovi in una nuvola soffocante. E magari anche ubriaca: la birra costa meno e il vino è ottimo! La musica romena è molto divertente e i balli popolari s’imparano in fretta; dopo pochi minuti sono in pista a ballare in cerchio e a fare passi non tanto diversi da una nostra tarantella. Non capisco le parole dei testi, ma mi hanno spiegato che parlano di storie vere, di amori, e di tutto quello che un popolo può cantare. Non ho nascosto la mia emozione quando ho sentito Bubamara di Goran Bregović, musicista bosniaco e famoso in tutta Europa, capace di trasmettere allegria in ogni parte del mondo.

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Vicino a un bicchiere di birra non può mancare la carne, un bel piatto di sarmale, involtini con verza o i mici, carne alla griglia.
Di domenica ai supermercati s’incontrano alcune donne anziane con il fazzoletto in testa e le buste della spesa, comprano le verdure e il pane per il pranzo, da condividere con i propri vicini di casa, parenti e amici.
Il mio breve soggiorno è finito proprio a tavola, dove ho imparato qualche parola in rumeno grazie alla famiglia del mio amico Alin. Le parole più belle che mi sono rimaste impresse nella mente sono copil, “bambino” e buna, il nostro “ciao”.

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