PERÙ, Mani
Guardo le sue mani.
Sono scure, sono secche. Le dita sembrano rami nodosi. Sono mani forti, indurite dal freddo, dal vento, dal lavoro della terra che si accumula sotto le unghie nere. Mani che non saranno mai più pulite perché la terra riempie i tagli screpolati, assorbita, ne è parte.
Prende la mia mano.
La stringe, la accarezza e io sento le sue ossa dure e fragili. Avvicina il volto al mio, avvicina il suo sguardo e mi dice grazie, ma non mi vede e io sento ancora le sue ossa dure e fragili.
Guardo le mie mani.
Sono strumenti perfetti, fatti per lavorare, per rovinarsi, consumarsi, creare e accarezzare. Sono fatte per impastare il pane e per offrire un dono, poi spezzare l’uno e ricevere l’altro. Mani fatte per stringere altre mani e dare calore.
Non riesco a smettere di guardarle. Muovo le dita, le conto… guardo il dorso e le sue piccole rughe giro il palmo in su e con un dito ne accarezzo le linee. Chiudo il pugno, stringo e sento la forza nel braccio.
Ora lascio andare, lascio tutto, mi abbandono sulla sedia e vedo le mie mani, identiche alle sue.