BELGIO, I pescatori a cavallo (visti da un vegetariano)

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Questa è la Storia, anzi la Leggenda, dei Pescatori a Cavallo…

Sono rimasti all’incirca dieci uomini in tutto il mondo e tutti concentrati in un paesino fiammingo a due passi da Bruges. Prima, questa attività si svolgeva sulle coste del Mare del Nord olandesi, francesi, belghe… e, di rimpetto, dagli inglesi. Inutile dire che la pesca massiva, la crescente domanda e il gusto per lo spreco che caratterizza la nostra razza, hanno reso questo sistema ben presto obsoleto. Al punto che Oostduinkerke – questo è il nome del villaggio – è balzato agli onori della cronaca grazie alla sua pesca a strascico, esercitata con i cavalli, entrando nel patrimonio immateriale dell’Unesco (poi, che io non sia un grande estimatore di questa istituzione è un altro paio di maniche…).

Ma facciamo un passo indietro e vediamo di cosa si tratta.
I pescatori di buon mattina si presentano sulle spiagge, che, da questa parte del globo, hanno un passaggio tra la bassa ed alta marea tra i più repentini ed estesi al mondo, tanto che l’arenile diminuisce dalla mattina al pomeriggio di decine e decine di metri. Proprio in virtù di questo fenomeno i gamberetti, l’ambita preda, si nascondono, mentre attendono il ritorno dell’acqua alta, sotto qualche centimetro di sabbia.
Bardati i cavalli con i caratteristici paramenti e indossata l’immancabile cerata, i cavalieri saltano in sella ai propri destrieri (possenti Brabantini) e con la rete a strascico fanno su e giù per i flutti scandagliando il fondale.
Assistervi non può lasciare indifferenti.

In quanto animalista, evidentemente, confido in un mondo che possa sussistere senza violenza alcuna contro qualsivoglia essere vivente, un mondo dove dovrebbe suonare come assurdo il cibarsi di morte non per sopravvivenza ma per gola… Nell’attesa di quel mondo, auspico un ritorno all’essenziale, a una pesca che, per come è strutturata, non può generare surplus.
Dalla leggenda dei pescatori a cavallo, come da tutti i miti, si può trarre la morale che si vuole… La mia è che «il poco basta e il troppo finisce», cit. il mio amico Piero Cellarosi e i suoi avi.

In via eccezionale, questa volta sono stato un po’ avaro di immagini. Il motivo è che questo servizio fotografico, a partire dal 26 aprile, diventerà una mostra presso il Museo etnografico svizzero del Malcantone.

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