DJIBOUTI, Hanno ucciso l’Uomo Ragno – Rotta verso Sud (terza parte)
Ovvero di quando le mode passate diventano poi modi per andare avanti (e noi li prendiamo al volo).
La storia di come un farmaco, un quaderno, un giocattolo e un vestitino attraversano una rotta tortuosa, ma virtuosa, fatta di meridiani e paralleli solidali per giungere poi a Gibuti, nella mia personale geografia fatta di latitudine, longitudine e fratellitudine.
Pochi anni fa accettai l’invito per una passeggiata a mezzogiorno. Moussa, un infermiere storico e collega locale di fratellitudine, mi guidò nel suo quartiere, dentro la baraccopoli. Mi voleva presentare un suo amico, iscritto in una Association des parents d’élèves, cioè un’ Associazione di Genitori degli Alunni. Nei quartieri della baraccopoli nascono continuamente associazioni di qualcosa che poi vengono iscritte nel registro nazionale. Sono tutte realtà di auto aiuto perché mai come qui l’unione fa la forza.
Superammo in auto la casa di Moussa che già conoscevo: un fatiscente cubo di cemento grigio, senza fogna ma fornito di acqua, luce, un cortile e un alto muro di protezione, tutto con vista sulla strada asfaltata; lussi da dipendente statale medio basso. Poco dopo, lasciata l’auto, ci incamminammo su per una collina tra le baracche; qui invece solo pietre e rifiuti, non un albero o un ciuffo d’erba con cui dissetare di verde gli occhi. Vedevo sassi e macigni della sofferta geologia vulcanica di qua e vedevo rifiuti, sia sparsi sia organizzati, dall’indifferente entropia umana. Quelli sparsi erano ovunque ci fosse spazio libero, quelli organizzati erano le case della gente. Lastre di lamiera, teloni di plastica, pezzi di legno, tutto quanto scartato dal grande porto diventava casa senza acqua senza luce senza fogna.
Conobbi l’amico di Moussa; mi fece accomodare sul niente del suo cortile e mi parlò della sua associazione. Mentre lo ascoltavo sotto al sole i miei occhi scrutavano nelle frontiere del suo privato: un braciere per cucinare, una pila di stoviglie, un bidone arrugginito con la scorta d’acqua da bere e da lavarsi e, naturalmente, tanti bimbetti in giro. In quell’occasione conobbi anche Mohamed, il preside, che arrivò poco dopo. Insieme andammo a vedere la Scuola Miriam, costruita con le stesse frontiere ma custodita dall’Associazione dei Genitori. Circa cento bimbe e bimbi nelle tre aule mi salutarono sfoggiando sorrisi, sguardi vivaci e vestiti incredibilmente puliti.
Da quell’incontro promisi di sostenere la scuola, all’inizio almeno con cancelleria e materiale didattico. Oggi stiamo procedendo per costruire una nuova scuola in muratura ma questa è un’altra storia. Quando tornai in Italia, ne parlai a un mio amico che coinvolse e convinse tre negozi di cartoleria a fare una donazione. Stava per iniziare il nuovo anno scolastico e così le tre cartolerie decisero che potevano “uccidere” l’Uomo Ragno e gli altri supereroi che, su quaderni, zainetti e astucci ormai non più graditi a tanti bambini e genitori italiani, sarebbero rimasti invenduti. Quell’anno, quindi, arrivarono tre bancali di cancelleria “senza superpoteri” che diventò, pur passata di moda, modo per andare avanti nelle mani di quei bimbi.
Di recente sono passato alla Scuola per salutare il preside e gli altri giovani insegnanti (60 euro al mese come stipendio, se e quando i genitori riescono a metterli insieme). Mohamed mi ha mostrato le pagelle pronte da mostrare ai genitori; la prima che ho visto diceva: «Buon alunno, può fare meglio». Mi ha colpito, intanto perché è quello che mi hanno scritto un sacco di volte nella mia “carriera” scolastica. Poi perché ho pensato che «può fare meglio» per un bimbo nella baraccopoli forse equivale ad avere i superpoteri in Italia. Alla fine ho anche pensato che quel giudizio restituisce un po’ di normalità a tutto quanto: alla scuola, a quell’alunno e ai suoi insegnanti, pur in un contesto di frontiere solo parzialmente aperte dalla fratellitudine.
E quanto meglio possiamo fare noi… da qui!!!
Complimenti! Vien voglia di esserci!
Excellent article Stefano! (C’est ma note pour toi!) ((:
Grazie di cuore, Elena !
E’ la mia prima nota con voto “eccellente” della mia “carriera” scolastica ! E poi dato in francese da un’insegnante di francese a me, che il francese manco l’ho studiato a scuola! 🙂
Complimenti a te per i falò che hai acceso nella notte.
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