Una rivoluzione fatta di scope
Considera pure la cucina come il tuo camerino da toilette; ma non è il caso che ti lavi le mani finché non sei stata al cesso, non hai schidionato la carne, accosciato i polli, mondato l’insalata, e comunque non prima di aver mandato in tavola la seconda portata; perché le tue mani si risporcherebbero dieci volte con tutte le cose che sei costretta a mangiare; ma quando il tuo lavoro è finito, puoi lavarle una volta per tutte.
(Jonathan Swift, Istruzioni ai domestici)
Il teatro è visione straordinaria dell’ordinario.
Quando sulle assi del palcoscenico trova spazio ciò che è ordinario il teatro allena l’occhio a guardarlo in modo differente: è sempre sguardo rivoluzionario, una palestra dell’osservazione. Ogni cosa che entri nel cerchio dello sguardo teatrale viene messa in discussione: la vita di un uomo, un dato di fatto, il modo di avvitare una caffettiera o quello che può diventare una caffettiera invece di una caffettiera. Detta così sembra un gioco da bambini, infatti lo è, l’unica differenza sta nell’età anagrafica di quelli che giocano.
Nel laboratorio teatrale di Cantieri Meticci al Centro Zonarelli la terza cucina shakesperiana nasce da alcune riflessioni sull’opera di Shakespeare che più si presta a essere strumento di riflessione sullo straniero, La Tempesta. Una banda di sguatteri di cucina, come tanti Stefano e Trinculo vengono aizzati alla rivolta da un Calibano assetato del sangue dell’odioso padrone. Unica arma a disposizione di ogni rivoltoso è la propria scopa, oggetto quotidiano simbolo della propria schiavitù che brandito e sollevato in alto diventa promessa di un futuro diverso, del ribaltamento dei ruoli.
La Tempesta dialoga, nella costruzione per improvvisazioni, con un’altra celebre cucina letteraria: le Istruzioni ai domestici di Jonathan Swift, opera postuma del celebre scrittore irlandese. Nelle Istruzioni l’approccio alla ribellione nei confronti del padrone è completamente diverso. È sotterraneo, sottile, mimetizzato. Il coltello invisibile che affonda la lama nel corpo del conflitto sociale è l’ironia, l’ironia feroce e disincantata che caratterizza tutta l’opera di Swift. Nelle Istruzioni ai domestici la servitù non si ribella auspicando di tagliare la gola al padrone come Calibano desidera tagliare la gola a Prospero ma la cuoca, la cameriera, il valletto riescono, con un’azione di boicottaggio tenace e quotidiana, a ribaltare di fatto i ruoli, fino a quando non è la cuoca che decide cosa e in che condizioni arriva sulla tavola dei padroni, a loro insaputa.
L’articolazione della scena della rivolta degli sguatteri è affidata alle scope, secondo la cifra teatrale del regista Pietro Floridia. Sarà perché siamo molto ricchi, ricchi dentro però, gli oggetti poveri sulla scena degli spettacoli di Pietro diventano i protagonisti di complesse costruzioni teatrali.
Un esercito di scope racconta l’evoluzione da una condizione di schiavitù alla ribellione, conquistando lo spazio teatrale in modo inaspettato costruendo torri, muri, gabbie. Dentro questo spazio libero dalla visione ordinaria delle cose Laura, Manuella, Lukas, Antar sono altrettanto liberi di costruire la propria visione.