MALTA, Copie
Ho incontrato Ozzy Osbourne su un autobus.
Era vestito con un improbabile completo di jeans, camicia nera e i classici occhiali dalla montatura tonda con le lenti blu. Sembrava particolarmente accaldato. O pesantemente ubriaco.
Ma era davvero lui? Sì! Cioè, no. Cioè… forse.
Dapprima ho pensato che fosse un sosia, poi l’ho osservato meglio e mi è parso proprio identico all’originale. E alla fine sono rimasta col dubbio.
Ed è un po’ così che funziona su quest’isola, con pressoché qualsiasi cosa: cibo, lingua, paesi… persino i templi megalitici ti lasciano in bocca un retrogusto di fregatura, anche se risalgono al 3000 a.C. e sono patrimonio dell’UNESCO.
Insomma, so che non è il massimo del politically correct, ma devo ammettere che spesso a Malta mi ritrovo a interrogarmi sull’autenticità di quello che ho di fronte. Compro la frutta dal contadino col carretto vicino a casa, ha le mani sporche di terra e me la spaccia per produzione propria; peccato che prima di addentarla ci trovo sopra il bollino tricolore con scritto “Italy”. Il pesce che ogni ristoratore ti pubblicizza come “appena pescato” è spesso talmente finto che abbiamo coniato un’espressione ad hoc: “fresh frozen”. E i tipici luzzi (le colorate barchette a remi da cartolina) sono ormai un’attrazione da turista americano medio. Oltre tutto, questo paese ha avuto così tante dominazioni diverse che la maggior parte delle cose non può che esser frutto di contaminazioni, il che è certamente interessante ma non aiuta a rintracciarne l’originalità.
Allora cos’è davvero maltese? È senz’altro meno scontata di quanto immagino, ma una risposta deve esserci per forza. In tre mesi ce la posso fare. Sì! Cioè, no. Cioè… forse.