DANI, MAROCCO – Cambio vita e vado in Italia
Questo testo è frutto di un sogno del passato confrontato con la realtà attuale, scritto in modo poetico. È il mio modo di scrivere. Tutto quello che scrivo non ha senso se chi legge non riesce a trovare l’altra metà, perché non mi piace parlare di razzismo, pregiudizi, ostacoli, difficoltà d’integrazione e dell’ignoranza di alcune persone in modo semplice. Tutto ciò che scrivo è rivolto a chi ha una certa sensibilità o a chi ha esperienze simili alle mie di immigrato.
Il mondo è conoscenza. “Noi, la nostra cultura, la tribù e tutto quello che ci circonda, non è che un granello di sabbia su una spiaggia infinita di un mare infinito. Un esperto è colui che fa va in giro per il mondo”. Così diceva mio padre. Per lui la vera ricchezza era conoscere culture, lingue, fare esperienze di “integrazione” e quando sentii il desiderio di partire, mia madre mi disse: “Non lasciarmi perché è qui che dimora il tuo passato”. E mio padre mi disse: “Vai, segui la tua strada perché sarà il tuo futuro”. E la strada disse: “In me, non c’è né passato né futuro perché, se resti, c’è l’andare nel tuo rimanere e, se mi percorri, c’è il restare nel tuo andare. Con me dovrai affrontare avventure, ostacoli, dolore, frustrazione. Con me, solo l’amore o la morte potranno cambiare tutto”. Io ho udito la strada, ma non ho compreso, e siccome la strada parlava d’amore, ho seguito la strada, e percorrendola, ho mangiato l’erba, ho dormito all’aperto, ho camminato scalzo.
Oggi io e la strada siamo ormai amici. Insieme abbiamo attraversato Tunisia, Egitto, Libia e Turchia. Un giorno la strada mi portò sulla spiaggia, e mi disse: “Sai, oltre il mare c’è un mondo molto ricco e se vuoi realizzare il tuo sogno di miglior vita possibile, dovrai attraversare il mare”. E così, dopo il deserto e le montagne, io e la mia strada abbiamo attraversato il mare.
Quando siamo arrivati, la strada continuò ed io rimasi qua.
E, oggi, con la spada del coraggio, difendo l’ottimismo dal pessimismo, e l’amore dall’odio, e la forza dalla frustrazione, e quando mi sento sconfitto, vado in teatro, dove qualcosa mi costringe a reagire, spesso ordinandomi di scrivere.
Appena ho la penna tra le dita, comincio a lamentarmi, ma la strada dice: “No, tu non ti devi lamentare, questo era il nostro patto!”.
E io rispondo: “Mi lamento perché mille anni fa, quando eravamo solo due, io e mio fratello, mia madre ci diceva: Adesso siete solo due, ma il mondo è fatto di tanti uomini che la natura ha creato belli e brutti, buoni e cattivi. Fate che i vostri figli abbiano due cuori, uno che sanguina e l’altro che perdona. Mi raccomando, insegnategli a donare affetto per ottenere amore, fratellanza per avere pace e a non seminare vento per raccogliere tempesta”.
Ho la mano colma di aria, l’ho aperta e l’aria si è trasformata in un uomo dal cuore gonfio di tristezza che canta parole gioiose per ingannare il tempo e per ingannare anche se stesso. Sono sottomesso ad un passato diverso dal futuro e non so se portare il passato nel futuro o vivere il futuro ignorando il passato. Sono un uomo libero davanti al sole del giorno e alle stelle della notte, ma schiavo di un sogno che sembra quasi impossibile.