THAILANDIA – Ma il cielo è sempre più blu

 
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“ Chi sogna i milioni, chi gioca d’azzardo
chi parte per Beirut e ha in tasca un miliardo
chi è stato multato, chi odia i terroni
chi canta Prévert, chi copia Baglioni
chi fa il contadino, chi ha fatto la spia
chi è morto d’invidia o di gelosia
chi legge la mano, chi vende amuleti
chi scrive poesie, chi tira le reti
chi mangia patate, chi beve un bicchiere
chi solo ogni tanto, chi tutte le sere
na na na na na na na na na
Ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh,
ma il cielo è sempre più blu uh uh, uh uh, uh uh..”
…e torno con la mente in Thailandia, torno a quei dodici giorni di cammino da Sangklaburi a Bangkok, torno esattamente qui, su questa curva con Pol che mi precede, il caldo, la giungla, le canzoni italiane cantate a squarciagola e qualche fotografia rubata alla Meraviglia.
Torno a quel viaggio nel sud-est asiatico in cui il destino mi prese e mi portò all’orfanotrofio Baan Dada e mi lasciò lì, tra rifugiati birmani, piccoli orfani, capanne e banani, terra rossa e zanzare e cuori giganti.
Arrivai una sera di ottobre dopo un viaggio in autobus da Kanchanaburi, gioiello dell’estremo ovest Thailandese fatto di case galleggianti e tramonti psichedelici indimenticabili. Dada Prashanta mi aspetta alla fermata dell’autobus in paese, mi fa salire su un’automobilina cigolante e ci avventuriamo su una strada tutta curve in un buio così buio che perdo l’orientamento, vedo solo la lingua di asfalto sbucciato…e poi eccoci, una stradina sterrata, buche e finalmente i fari illuminano una piccola insegna in legno Baan Dada children’s home. Ricordo il caldo umido di quella sera e ricordo il sorriso di Pol preceduto dal fascio di luce della sua torcia, venuti a salvarci dalle tenebre e a scortarmi nella capanna dei volontari. Per arrivarci dobbiamo attraversare un ponticello su torrente e alcune centinaia di metri di una piantagione di cocchi e banani: un rifugio per la notte nella giungla, tre sottili materassini attaccati, tre zanzariere a campana ci proteggono. La mia prima notte nella giungla tra urla di uccelli stonati, gracidii e quel fortissimo verso sconosciuto che non da tregua e che scoprirò poi essere il verso di un geko gigante.
Io, qui, non so perché ci sono finita. Insomma, io volevo attraversare il Laos e poi fermarmi in un orfanotrofio in Cambogia ma poi sono arrivata a Bangkok e qui ho scoperto che la regione di Chiang Mai, sulla strada per il nord del Laos, è colpita da alluvione e perciò irraggiungibile. E allora in un attimo occorre cambiare tutto, vado a ovest, occorre andare a ovest, verso la Birmania, è il destino che mi ci spinge? O la fortuna? Certo è che a due giorni dal mio arrivo, mentre mi butto nel fiume appesa ad una liana, capisco bene perché sono finita qui.
I giorni alla Baan Dada passano tranquilli. Sono giorni di vacanza, i bambini non vanno a scuola e trascorrono le giornate pescando e facendo il bagno nel fiume, le ragazze aiutano a preparare i pasti mentre i più volenterosi accettano l’aiuto di noi volontari per fare i compiti. Il giorno più atteso è il giovedì, giorno del grande mercato di Sangklaburi ovvero l’occasione di rimpinzarsi di cibi inconsueti nella semplice cucina vegetariana della Casa; io e le altre due volontarie proviamo a dividerci i bambini da sorvegliare ma loro vanno e vengono tra le pozzanghere e il fango del mercato che sa di pesce e caldo, spariscono e tornano con la bocca piena e sorridente oppure con un dolce sorriso ruffiano e la manina tesa a chiedere un paio di baht in più.
Sta per finire la mia prima settimana all’orfanotrofio e stanno finendo i preparativi per la tanto attesa Walk for Education: 340 km a piedi da Sangklaburi a Bangkok per raccogliere dei fondi per finanziare gli studi dei ragazzi. Baan Dada, come qualsiasi organizzazione umanitaria in Thailandia, non beneficia di finanziamenti dallo stato ma si fonda sulle donazioni dall’estero e sull’autofinanziamento. Un esempio di quest’ultimo è l’attività di riparazione di cicli e motocicli, la produzione e vendita di bracciali, semplici abiti e altri piccoli manufatti, l’esibizione in spettacoli di yoga e danze tradizionali dei più piccoli e i concerti della Big Boys Band: un complesso formato dai ragazzi più grandi che hanno imparato a suonare degli strumenti musicali avuti in donazione. Walk for Education è un altro modo per far conoscere l’orfanotrofio e l’organizzazione cui si appoggia, la Neo Humanist Foundation. Un modo vivo e concreto di cui si può raccontare anche a casa, nei nostri paesi ricchi e lontani, alle nostre famiglie e ai nostri amici che forse per un attimo si sentiranno vicini a noi, a questa realtà, e vorranno aiutare.
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Siamo un belga, un’australiana, una portoghese, un’italiana, Dada Rama e 7 ragazzi della Casa e domani partiamo. Indosseremo una sgargiante maglietta arancione con descritta la nostra Missione, in inglese e in thai, sperando che qualche curioso si fermi e infili qualche banconota nella cassettina delle offerte. Cammineremo tanto, imprecheremo contro scarpe e vesciche fin dal primo giorno, impareremo cosa significa umidità tropicale e suderemo ogni goccia bevuta. Ogni giorno chiederemo asilo in un tempio buddista e lì monteremo le nostre tende, accenderemo il grande fornello da campeggio e cucineremo noodles, patate e carote a colazione, pranzo e cena, condividendo i pasti con gli innumerevoli “cani (randagi) del tempio”. Saremo Famiglia.
Continueremo a camminare anche sotto il diluvio universale, una mano a tenere sugli occhi il cappuccio della mantella, i pantaloni appiccicati alle gambe, i piedi nudi nelle crocs, unico rimedio a vesciche e acqua. Trenta, quaranta chilometri al giorno. Attraverseremo tratti di foresta vergine, villaggi, sguardi curiosi ci sorprenderanno, riceveremo saluti e inchini a mani giunte ogni volta che incroceremo un volto. Sorrisi. Sorrisi con tutti i denti, quelli degli sconosciuti, quelli veri che ti danno una forza pazzesca e ti fanno pensare che potresti camminare per sempre amando ogni centimetro di questo suolo, di questo mondo.
Giunti a Kanchanaburi ci fermeremo tre giorni ospiti in una guesthouse e lì i nostri artisti si esibiranno per il pubblico di clienti, raccoglieremo le prime offerte e recupereremo le forze per l’ultimo tratto: la marcia fino a Bangkok. Gli ultimi giorni nello smog saranno i più difficili e approderemo in una città alluvionata: ci faremo strada tra allagamenti e traffico di pick-up carichi di persone e cani in fuga e ci sembrerà un posto bellissimo.
Baan Dada esiste ancora e ha sempre un gran bisogno di sostegno. www.baandada.org

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