GIAPPONE, Il teatro Noh

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Uomini scalzi si muovono leggiadri su un palcoscenico, i movimenti sono lenti e le loro bocche rimangono chiuse. Si odono da lontano lamenti provenienti da un coro di uomini inginocchiati. I loro volti sono coperti da maschere e i corpi involti da preziosi tessuti. Le braccia ruotano in cerchi e le spade si muovono in direzione del nemico. Solo un albero fa da scenografia e non serve nient’altro nel magico quadrato che gli attori e i loro sentimenti cantati in un’antica lingua. Le sagome geometriche dei loro costumi e i capelli neri raccolti in uno chignon creano l’immagine di un uomo proveniente dal passato, che cammina scalzo e che non ha bisogno di parole per esprimersi.

Sono loro i protagonisti di questa antichissima forma di performance giapponese che nacque nel XVI secolo. A quei tempi, andare a teatro era un modo di partecipare alla vita sociale e di incontrarsi in pubblico, poiché non erano molti i luoghi dov’era possibile farlo. Inizialmente gli attori recitavano per strada, portando con sé un palcoscenico costruito con legno di cipresso. Solo dopo il XVIII secolo si è sentita la necessità di costruire dei palchi di un edificio. Guardare uno spettacolo Noh richiede una grande immaginazione da parte del pubblico. I volti dei personaggi sono coperti da maschere (omote) che cambiano a seconda dai ruoli da interpretare. La cosa sorprendente di queste ultime è che pur coprendo l’intero viso, riescono in qualche modo a restituire un’espressione umana; fin dal periodo Momoyama (1573-1603) sono state contate più di sessanta maschere diverse.

Le storie sono narrate attraverso canti tradizionali, basati su tonalità gutturali e accompagnati dal suono del flauto. Si tratta di lunghi lamenti che spesso rappresentano i tormenti dei defunti. Anche se incomprensibili -perché rievocati in un giapponese antico- l’intensità dell’esposizione arriva all’anima lasciando gli spettatori in un misto tra sogno e stupore. Non è raro difatti, vedere in platea persone appisolarsi sui divani e risvegliarsi durante il canto più acuto.

Diventare un attore Noh è un processo lunghissimo che richiede decenni di studio. È un lavoro che si tramanda da diverse generazioni e si inizia fin da bambini, all’età di tre o quattro anni; d’altronde bisogna imparare fin da piccoli la magia di questa professione. Anche le maschere sono custodite come tesori e provengono dalle più antiche famiglie di performers che di volta in volta regalano ai propri figli. I luoghi antichi in cui si svolgono le rappresentazioni sono considerati sacri e e si trovano per la maggior parte a Kyoto, città in cui è facile vivere una realtà che oltrepassa il tempo presente.

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