ESODI 7, Il gioco dell’oca
Diari da uno spettacolo 2015
al laboratorio interculturale Esodi del Teatro dell’Argine.
Contributi di Elena Guidolin e Teresa Vila.
Disegni: Elena Guidolin
Dicono che non sono coraggiosa, invece lo sono più di tutti gli altri, mille volte. Ho fatto finta di niente e ho annuito come una zelante pecorella del gregge. Non vogliono vedere più in là del loro naso. Io, invece, prendo questo hotel teatro prigione, gli lego un lenzuolo alla finestra, e mi calo giù. Io me ne vado. Ho già il piano tracciato. La borsa con le cibarie. La sveglia puntata.
Ora posso dormire.
E quando dormo sogno.
Lo spazio e il tempo si schiacciano come perline in fila una sopra l’altra, come nel disegno di un bambino. Il biglietto con le indicazioni datemi dai colleghi – gli estranei, i turisti sulla giusta strada da seguire – man mano che lo dispiego diventa sempre più grande, fino a sembrare una tovaglia. È pieno di scritte che, quando cerco di leggere, svaniscono. Alla fine riesco a mettere a fuoco.
Fuga
vai su vai giù
prendi un treno
l’aereo
il gommone,
l’elicottero
scava a terra,
quella via la usano tutti, si passa per i cunicoli
poi invece sali, ti arrampichi sugli alberi, aspetti che passino i cani
ma è facilissimo, non hai capito?
Basta che ti acquatti quando senti un sibilo
che salti quando vedi nascosta una corda, tesa di soppiatto per farti inciampare.
Ora riprova.
Non dire che dopo tutta questa fatica sei tornata al punto di partenza
ti sembra il punto di partenza, ma non lo è
ogni cosa è uguale
l’hotel è l’hotel
ma è a testa in giù
perché hai fatto un giro attorno al mondo
hai attraversato il centro della terra
e sei entrata dal camino
sei scivolata per il tetto
invece che per il viale d’ingresso
hai fatto amicizia con gli aironi e i gabbiani
del mare
e delle discariche
invece che con i cani da guardia.
Non sai neanche se in mezzo
sei arrivata o ci sei rimasta.
Ma non importa,
ché se ci sei rimasta secca
o se sei arrivata
in ogni caso la realtà è al contrario
e tu sei al contrario,
per questa realtà.
Libera di ricominciare da zero.
Per ora, solo con questo zero
per ora lo zero,
hai una sola certezza
o zero.
Che cos’è questo affannato e stanco praticello all’inglese che chiamiamo Europa? Questo vecchio malinconico, amante della toeletta? Che cosa sta capitando lì fuori? Che cosa l’Europa non sa, del non vivere in Europa? E quando saranno tutti, a non curarsi del rischio di morire, e verranno a vedere che succede a stare in Europa?
Ci hai mai pensato? È il mondo intero che dipende da te. Tutto questo, mio dolce vecchio (in)continente, l’hai inventato tu.
È molto meglio usare metafore, scherzarci su, magari gettare giusto un velo d’inquietudine, in una architettura astratta, piena di piani e di sfaccettature come uno sfavillante hotel. Ma poi diventa impossibile, diventa un delitto farlo. E allora vorresti nominare, ma è così scandaloso; che ipocrisia, che conformismo, come gli altri, mettere l’indirizzo internet della prima pagina del quotidiano, che ancora una volta dice: incontabile strage, irraccontabile strage.
Non usare la loro immagine, non sfruttare una storia conturbante. Come scrivere Esodi quando gli esodi ti naufragano di fianco, addosso, sulla testa?
Parole: Teresa Vila
Cosa sono i Diari da uno spettacolo?
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