DANIMARCA, Viaggio di famiglia (a tre voci) parte IV – Copenaghen

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Maledetti danesi e il loro senso del design… Ora, sì, siete imbattibili e noi vi veneriamo – vogliamo parlare della porta-lavagna che ci immetteva nella cucina della casa di Gunnar? – …Ma una cosa ve la devo insegnare: i piumini singoli sul letto matrimoniale sono da rinnegare!
Hanno un unico vantaggio: la scomodità!
Vi prego, salvatevi da questo oggetto-trappola.

LUCIANO: Piumoni – sui letti troverete i piumoni d’oca singoli. Sui letti matrimoniali ce ne saranno due, sempre singoli. Di quelli che fanno un caldo atroce, scivolano da tutte le parti e vengono usati senza il lenzuolo. Quindi, se hai caldo, ti devi scoprire e a quel punto soffrirai il freddo, non avendo nient’altro. Per fortuna, qui fa proprio freddo e il più delle volte si sta bene sotto il piumone… quando non scivola! Ma ci si abitua.
Al freddo, intendo.

18 agosto Pomeriggio

È un giorno di vento quando attraversiamo il ponte per arrivare a Copenaghen; il mare è mosso, ma sembra andare a rallentatore, come in una strana moviola che spennella ciuffi di bianco!
Davanti a noi 5 giorni e diverse mission.
La prima è riuscire ad entrare nella casa di Cecilia e Jakob, i nostri prossimi host, che però – come la maggior parte degli altri – non ci sono. 😉
Rimaniamo in casa – e che casa! – riposandoci anche mentalmente dopo i vari chilometri fatti in questi giorni. Da domani non si scherza: tante cose da fare e vedere. Pianifichiamo.

LUCIANO: Asciugacapelli – non lo usano. 4 host su 5 non l’avevano, e dire che erano famiglie con donne dai capelli lunghi, e anche bambine… Non è neanche facile trovarlo nei negozi.

Mattina. Colazione. Scones al cioccolato, e via alla ricerca della Copenaghen Card: se andate a Copenaghen, fatela.
Avrete accesso gratuito a infinite attrazioni e i bambini fino ai 13 anni entrano gratis – anche dove pagherebbero – se sono accompagnati da genitori che hanno la card.
Esistono diverse tipologie di card, secondo le ore d’uso (24, 48, e via dicendo).
Noi cerchiamo quella difficile, da 120 ore. Partiamo da due alberghi menzionati nell’elenco dei rivenditori, ma è inutile. Dopo tre telefonate a vuoto, la gentile voce del receptionist del Crown Plaza ci dice: «Yes! We have it!»
E allora via, che la nostra tabella di marcia non può aspettare.
Iniziamo con un giro al Blaa Planet – l’acquario.

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Sinceramente? Per come era pubblicizzato e per le foto spettacolari sul sito, lo immaginavamo più grande e più ricco.
Le attrattive migliori? Il sub che puliva la vasca degli squaletti; il caffè, con un ottimo lunch, con vista sul mare e sulle lontre.
Le lontre ci hanno affascinato per ore.

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Salutiamo i pesci e andiamo ad Elsinore.

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Devo aggiungere altro?
Il castello è sempre molto attraente. E anche se Amleto non ha mai messo piede in quelle sale, il castello esercita su di me e sui turisti una grande fascinazione. Gli arazzi sono veramente belli, e il giro nelle case matte al buio, seguendo le frecce per trovare l’uscita e il sempre soddisfacente shop, ci fanno passare altre ore belle in questa rinomata attrazione turistica.

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Non paghi delle molte emozioni – incluso l’aver mancato di poco (come Luciano vi racconterà, è una nostra specialità sportiva) il festival shakespeariano che vede l’Amleto recitato nel castello – ci dirigiamo verso il Louisiana.

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Che è più di un museo, è più di un parco verde, di un caffè, naturalmente, e di uno shop a due piani. È un modo di concepire l’arte. È il fatto di creare uno stile di vita, il fatto di proporre opere, allestimenti, mostre.
È che se passi in Danimarca o anche solo sei da quelle parti, ci devi entrare e restare.

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LUCIANO: Festival – noi abbiamo una capacità veramente unica, ormai verificata anche in altri viaggi, di evitare involontariamente tutti i festival, arrivando il giorno dopo o partendo il giorno prima. Non è sfiga, è proprio un’abilità. Magari voi sarete più fortunati, o meno abili, e potrete godere delle numerose manifestazioni che la Danimarca vi offre: festival musicali, marittimi, vintage, dei fiori, dei vichinghi, di nomi impronunciabili e quindi di cose incomprensibili. Insomma, ce ne sono ovunque, basta seguire i cartelli.

Oh wonderful Copenaghen.
Un tour in battello che vale come un anno trascorso ad Architettura.

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Un giro per la città, dove ammiri la città, ma anche i cittadini e le loro biciclette. Ovunque in bicicletta, chiunque in bicicletta, incluse scolaresche con maestre in testa alla fila, in giro per la loro città.

Spiego a Leila che quello che vediamo dal battello è il palazzo reale dove, quando è issata la bandiera, vuol dire che il re e la regina sono in casa.
Lei si gira e mi guarda.
Leila: «Possiamo andare a trovarli?»
Io: «Non è possibile. Non si può andare a trovarli senza un valido motivo»
Lei ci pensa ancora un po’ e poi mi chiede: «Ma sono vivi?»
E io: «Sì, Leila»
E lei ancora più perplessa: «Sono veri?»

Poi, quando meno te l’aspetti e sei in coda, in attesa di entrare alla Glyptoteket per una nuova scorpacciata d’arte, ti giri e le vedi: mamma papera e i suoi anatroccoli, ordinati e in fila sui marciapiedi e pedoni, ciclisti, macchine e traslocatori che gentilmente danno loro la precedenza.
Ma torniamo alla Glyptoteket.

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Una galleria privata. Dove perdersi tra egizi, romani e greci. E non solo d’epoca classica, ma anche mostre temporanee.

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Gli occhi corrono da tutte le parti e si perdono nella bellezza. Ad un certo punto sorrido, da sola, nel grande corridoio dalle pareti blu, perché tra tante sculture bianche mi avvicino, ipnotizzata da una che leggo poi essere una testa di Ofelia.

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Ma non è finita, bisogna salire le scale e cercare lei – la ballerina di Degas.

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Bisogna solo entrare e stare lì a guardarla. E, ricordate, è molto più bella di quello che appare in foto.
Siamo alla fine di questa giornata e siamo tutti tendenzialmente agonizzanti, ma la fermata del nostro autobus e proprio lì che getta lo sguardo oltre i cancelli di Tivoli.

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E allora dopo tutta questa cultura ci meritiamo – soprattutto Leila – del sano tripudio di kitsch e divertimenti.

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Si paga per entrare e poi paghi ancora se vuoi salire sui vari giochi nel parco (con la Copenaghen Card è gratis fino a cinque attrazioni). C’è però un’area – di cui non ricordavamo l’esistenza – di giochi per bambini – che è gratuita. Ci sediamo ad ammirare l’umanità che passa da quelle parti mentre Leila assale le torrette pirata e si lancia dallo scivolo tunnel.

21 agosto
Facciamo un passaggio al Black Diamond ovvero la biblioteca “comunale”.
Posto incredibile, una facciata a specchi nera, vista canale, con le sdraio dove godere del sole mentre fai la pausa caffè, navighi in internet, consulti libri, ti guardi un paio di mostre gratis… E a noi italiani rimane anche il tempo di scuotere la testa davanti ad un paio di danesi che si tuffano a fare il bagno ad un passo da te.

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Vi lascio il gusto di andarci e godervela.
I danesi, con l’esplosione di questa estate calda, sono come lucertole: prendono il sole ovunque, fontane, strade, panchine, canali, piazze: davvero ovunque! Sono lì a godersi la pausa caffè, il pranzo o semplicemente una riunione in una delle terrazze.

A pochi metri dal Black Diamond in un edificio che al piano terra ospita una mostra sulla guerra (mah…) ne hanno allestita una su “l’Universo Tolkien” (giuro!). Bella. Niente di esaltante per noi fan, ma gradevole e con un paio di statue a grandezza naturale.

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Ed eccoci al National Museet:

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Un altro museo pubblico con ingresso gratuito. E per ammortizzare la spesa della Copenaghen Card, che qui non possiamo usare, ti fanno un regalo alla cassa!
Questo museo è veramente enorme. Ed è assurdo. Convinti di aver girato tutte le sale senza aver trovato la mostra sui cosplayer elencata all’ingresso, chiediamo spiegazioni alla cassiera che ci dice che è allestita nell’ala ad est, bisogna salire le scale e andare a destra…

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Ma quanto è grande questo museo???
Ogni piano ha le sue stanze, che racchiudono mille cose: la storia di una nazione attraverso gli oggetti di vita quotidiana. C’è un mini-museo dei giocattoli all’interno, con una camera di case di bambole, di cui puoi studiare i dettagli guardando all’interno grazie a dei panchetti.

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E poi un intero piano dedicato all’etnografia. Sale che raccontano i popoli del mondo.

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Ovviamente un bar per il nostro pranzo – oggi a base di un incredibile salmone grigliato – e per finire uno shop delizioso.
Unica pecca: l’intera area dedicata ai bambini era in restauro… Non voglio nemmeno immaginare quante altre ore avremmo passato lì dentro!

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Torniamo alla nostra fermata del bus, dopo un altro passaggio da Tivoli. E faccio una riflessione: «Oh voi autobus danesi, con il cestino dell’immondizia e con il wifi, con il biglietto che te lo salvi sull’iphone e lo mostri all’autista e con la sedia riservata anche per chi vuole leggere libri cosa dirvi? I vostri autisti guidano come pazzi, ma si sta comodi».

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