DANIMARCA, Viaggio di famiglia (a tre voci). Finale: Copenaghen e Isola di Mon
L’odore della terra, la terra che sporca le piccole patate comprate nei banchetti lungo la strada, non lo dimenticherò mai. Mi è entrato dentro e ha su di me un’azione rilassante: meglio di qualunque esercizio di meditazione, mi riporta a quel senso di pace che può nascermi dentro soltanto in pochi luoghi al mondo.
LUCIANO: Interruttori della luce – non so che normative abbiano per la sicurezza domestica, ma di sicuro la distribuzione degli interruttori nelle stanze è delirante, ovunque siamo stati. Quello vicino alla porta del bagno accende la camera a fianco, quella della camera l’abat-jour del letto, quella vicina al letto, nulla. In tutte le case sono rimaste luci che non siamo mai riusciti ad accendere (e non erano fulminate) e interruttori che ci sono sembrati assolutamente inutili. Ah, per azionare le prese della corrente hanno un interruttore, che, se va bene, è sopra la presa.
Il nostro weekend copenaghese sarà all’insegna di mercatini ed arte. Lungo la strada che ci porta verso uno di questi, scopriamo che il loppe market impazza un po’ ovunque: piccola sosta in questa piazza, allora, e poi via verso il Blaa Hal.
Che non si può descrivere. Perché sembra un mercatino dell’usato ma è anche un mercato a settori dove compri al chilo, o ti puoi mangiare uno snack nell’area bar seduto a tavoli e sedie che sono anche in esposizione… Se li trovi comodi li puoi anche comprare. Leila vuole un divano. Luciano e il suo cestino passano in rassegna ogni scansia. Io frugo tra gli abiti.
LUCIANO: Den Blaa Hal, ovvero: «Perché non riempiamo 2500 metri quadri di qualunque cosa, la dividiamo per colore e materiale, e la vendiamo in massa e più ne prendi meno spendi? E ormai che ci siamo, perché non serviamo anche il pranzo, in un angolo, sui tavoli in vendita?».
Questo mercatino dev’essere nato così, svariati anni fa.
Soddisfatti di alcuni acquisti ci avviamo verso Arken.
…Oh Arken! Il mio cuore sospira. Ci si può innamorare di un museo? Sì, a noi è successo; dai suoi bagni – sì, i bagni – futuristici
ad ognuna delle installazioni,
e soprattutto alla personale di Bjorn Wiinblad, l’artista che finalmente scopro essere l’autore di alcune opere danesi che amavo senza saperlo. Bjorn è colori, creatività, vita, ceramica, locandine, costumi, quadri.
LUCIANO: Una fusione tra Massimo Campigli, Luigi Ontani e Piero Fornasetti, e… Randi & Katrine. Da artista e visitatore pignolo di mostre, sono iper-critico. Mi piacciono poche cose. E raramente trovo artisti nuovi di cui in un secondo mi innamoro del loro percorso intero, comprendendolo alla prima occhiata del catalogo, senza neanche leggere il testo critico. Con Randi & Katrine mi è successo, ed è giusto che vediate almeno il loro sito.
Ma Arken ha anche uno shop incredibile, un caffè vista mare,
un percorso d’arte lungo il sentiero verde che porta alla spiaggia. Andiamo subito a vedere le opere che lo compongono.
Poi, facciamo un passaggio da Fisketorvet per riciclare le molte bottiglie di plastica e ricavarne buoni spesa. 🙂
Vicino a questo centro commerciale, scopriamo con disappunto che il camping, che ci aveva ospitato quasi dieci anni fa, non c’è più, ma i lavori in zona ci fanno ben sperare in una futura riapertura.
Sulla scelta del mercatino della domenica ci facciamo consigliare. La nostra host ci suggerisce quello di Islands Brygge.
Ci dà molta soddisfazione. Io rimango colpita dall’abilità artigianale di un paio di signore che da semplici stoffe realizzano stock di vestiti handmade meravigliosi, e dai danesi in costume da bagno, che sono ovunque in questo pezzo di canale.
Questa è la loro spiaggia! Gli strani siamo noi vestiti! Sono ovunque ci sia un po’ di spazio: piazzola, marciapiede o banchina che sia.
…E comunque questo luogo comune che i danesi sono tutti biondi. Non sono tutti biondi! Sono biondo cenere, biondo tiziano, paglia, rosso vichingo, arancione, biondo accecante, biondo sfumato bianco, arancio sbiadito…
Una mora l’abbiamo trovata. Era una turista. 😉
Dopo lo shopping, un po’ d’arte. Siamo diretti al SMK.
Uno dei musei pubblici, e quindi con la free entry.
Ne guardiamo una parte e poi ci dividiamo: il papà continua il giro e noi paghiamo 45 corone (6 euro circa) per il Children Lab!
Incredibile: tre stanze di creatività allo stato puro! Puoi dipingere, puoi disegnare, oppure puoi fare una scultura usando ogni tipo di materiale che si trova dentro gli scatoloni ordinati.
Ci sono: camici, pistole di colla a caldo e perfino un acquario con pesci rossi. Veri.
Ci sediamo e Leila arriva con dei piccoli tronchi, dei legnetti e un pezzo di plastica; sono già nel panico (io ho grandi idee, ma manualità scarsa) e le chiedo: «What do you wanna do with these?».
Leila: «An Acquariuuuum!».
Un acquario???? Oh my. Possiamo farcela. Papà torna in tempo per colorare i pesci e il nostro capolavoro è pronto! Prima di impacchettarlo per portalo a casa, Leila, orgogliosa, va a mostrarlo ai pesci rossi, quelli veri.
Torniamo a casa, quella di Copenaghen: i bagagli ci aspettano, anche se il nostro viaggio non è finito. Isola di MØn, arriviamo!
LUCIANO: Ragni – in Danimarca, appena c’è del verde, ci sono insetti. E le api sono ancora in libertà! Quindi, se alloggerete in case con giardino ci saranno insetti, soprattutto ragni, di tutte le specie. Grandi, piccoli, tozzi, filiformi, colorati e di quelli che in una notte ti ricoprono lo specchietto con una ragnatela.
Oggi il tempo è grigio. Piovoso e un po’ autunnale. Passiamo un lungo ponte ed eccoci sull’isola. Il B&B di Peter è meraviglioso.
Scopriamo il giorno dopo che il B&B è la sola panetteria dei dintorni e vi lascio immaginare i profumi al nostro tavolo durante la colazione, che si fa nella stanza!
Peter è giovane, ma fermo e pacato. Ci dice che non ci si può perdere in questa isola: tutte le strade ti riportano sulla strada giusta. Ci consiglia di ignorare le previsioni del tempo, che indicano pioggia (scopriremo che ha ragione; se vi affidate a quello che prevedono, beh… non ci prenderanno), e ci dice di lasciarci andare tra le strade, i campi, i conigli, le spiagge.
«C’è solo questo sull’isola».
E ti pare poco?
Seguiamo i suoi consigli e ci abbandoniamo al flusso rarefatto delle ore che passano.
Sembra che il tempo qui si sia fermato. Passano poche macchine; le chiese sono bianche e all’interno sono state dipinte dallo stesso anonimo autore, “l’artista di Elemlunde”; incrociamo soltanto persone a piedi, con i loro zaini.
Alla fine di una radura, arriviamo nei pressi di una scogliera bianca. Si avventurano tutti tra gli alberi, scendendo i gradini per arrivare giù a guardare l’orizzonte, le rocce e i sassi e poi tornare su, risalendo per la stessa strada; vanno a fare un giro al museo geologico e scoprono che i gradini che con tanta baldanzosità hanno deciso di scendere e poi risalire, sono 994 e hanno fatto dei gadget per testimoniare l’impresa (una maglietta con scritto “YES I did the 994 steps”…e no, mi hanno trattenuta e non l’ho comprata).
Nel museo geologico, inoltre, sono conservati degli scheletri di dinosauro che, anche se non siete degli appassionati, non possono che affascinarvi, insieme a tutto il resto che ci potrete trovare (incluso un simulatore di camminata a seconda del tipo di dinosauro che sceglierete di essere).
E continuiamo ad andare a zonzo con Leila, divertita, perché ci sono tante salite ma prima o poi ci sono anche, come le chiama lei, tante lunghe giurite!
LEILA: Che se vai veloce prima nella salita e poi nella giurita sembra come Legoland!
La strada davanti a noi è dritta, passiamo un secondo ponte, poi una città e poi, senza nemmeno accorgercene, siamo davanti all’ingresso per il traghetto.
C’imbarcano: non abbiamo neanche il tempo di pensarci, e ci ritroviamo al tavolo del bar del traghetto, un po’ in silenzio, un po’ storditi alle 18.22 del 25 agosto.
Io: L’abbiamo lasciata troppo in fretta, la Danimarca.
Luciano: …Non ero pronto!
Io: Neanche io…
Siamo stanchi, guidiamo per un po’ in Germania; poi cerchiamo dove dormire: Wittstock.
Chiamo un numero, mi risponde una voce amichevole e un po’ in tedesco un po’ in inglese, ci accordiamo. Ci ritroviamo così in questa rara oasi di solarità germanica: Enrico, dal nome italiano ma sangue tedesco, ci accoglie, ci sorride, ci sorprende con il suo entusiasmo.
Una bellissima scoperta, la sua Pension Sonnenwald.
Ha stanze grandi, un bagno enorme e la colazione, il giorno dopo, sarà spettacolare. Prezzo? In tre, colazione inclusa, 80 euro.
Non possiamo ripartire senza un’ultima tappa da Netto e poi si va.
Ore 17.35, mancano 512 km.
Io: Leila, tell me, what will you remember forever of these holidays…?
Leila: Mmm… Legolaaand and the dog Luna… And the Tinderbox!
Elvis canta Money Honey; il sole splende ancora e ci sono già tanti impegni e memo attaccati nell’agenda.
Domani si rientra.
La Danimarca resta dietro di noi, sempre più lontana.
Ma è anche dentro di noi.
E ci resterà per sempre.