DANIMARCA, Viaggio di famiglia (a tre voci) parte I – Verso Legoland

Prologo

IDA: A che ora la metto la sveglia?
LUCIANO: Boh…
IDA: Dai, le 7; in un’oretta e mezza, più o meno, faccio tutto.

Illusa…
12.48 partiti, dopo essere passati in teatro – farmacia – benzina.
34 gradi e abbiamo già fame.
Mmm…

4 agosto
Si riparte disimparando a fare le valigie. È che quest’anno andiamo con calma: arrivo previsto in Danimarca – da qualche parte vicino a Ribe – giovedì 6 agosto.
paselli-strizzi-01-Foto-1E tocchiamo la nostra prima sosta. Lo so, potrebbe essere insano programmare delle vacanze cercando di passare in alcuni negozi, ma come si fa a non andare da Primark e rifornirsi di pantaloni per l’autunno e un paio di accessori?

Et voilà. È bello girovagare tra le corsie sapendo che non spenderò un patrimonio e porterò a casa dei vestiti che non mi faranno sentire una zia fuori taglia!

Ad ogni modo questo sano shopping di inizio vacanza (a quasi cinque ore dall’Italia) ci ha dato modo di fare un giro nel Primark della città di Innsbruck.
Che ha una viabilità folle, ma un parco pubblico da innamorarsi.
Ma non abbiamo troppo tempo. Una nube grigia incombe sulla valle e siamo stanchi.
Un check sul telefono e via in una Gasthof  [N.d.R. locanda, albergo] vicino Innzig.

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Colazione: uova, prosciutto e marmellata e lasciamo Innsbruck e la sua tempesta perfetta in un tripudio di nuvole che paiono accarezzare le montagne e ci prepariamo ad attraversare la Germania.
Passando per il Fernpass, tortuose stradine tra mucche verdi, boschi infiniti e aria fresca. Ogni tanto casette dai tetti a punta e clima tirolese.
Leila non vede l’ora di arrivare a Legoland, mentre noi ci godiamo la vista.
È nello svoltare l’angolo e girare lo sguardo e vedere aria intorno a te e la montagna, che pare la puoi toccare, e la luna che sembra gigante che il cuore sobbalza e respira pace.
Non so, oltre alle famigliari scogliere della Cornovaglia mi ritrovo a respirare, tra questo verde. Mi perdo a guardare gli alberi e poi ci appare un ponte, sospeso, tra le nuvole, per arrivare al castello di Ehrenberg.

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Rimaniamo con il naso in su per un po’.
Se solo non parlassero una lingua piena di consonanti, potrei votarla nella mia top tre degli Stati del mondo… 🙂
E che poi non siamo ancora in Danimarca.
Per non parlare di lingue intuitive!
Ma la strada è dritta davanti a noi; bisogna attraversare la Germania, letteralmente.
Dalle parti di Memmingen rimaniamo colpiti dalla distesa di pannelli solari: le hanno le case, le fattorie, le fabbriche…
Intere zone industriali. Accessibilità all’energia pulita – mi viene in mente questa specie di slogan e mi resta in testa per un bel po’.

Giorno 6 agosto – ancora in viaggio.
Passare il tempo.
Quando ero una teenager mi ero inventata questo gioco: all’epoca, c’era questa trasmissione televisiva – Doppio slalom – che mi piaceva. Era un quiz per ragazzi con un tabellone diviso in celle, da guadagnare rispondendo alle domande. Sulle celle però erano scritte consonanti, ovvero le iniziali della risposta alla domanda che il presentatore (Corrado Tedeschi, che amavo!) poneva ai giovani concorrenti. Bene: io lo facevo con le targhe, cioè inventavo la domanda che poteva contenere come risposta la targa della macchina che ci passava di fianco.
Sì, lo so, qui sarebbe una follia… 🙂
Ma ad ogni modo ora leggo cosa trasportano i camion; quale materiale, da dove arrivano, se hanno filiali e in quali parti del mondo… E mi costruisco la loro storia. Più poetico, lo so.

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LUCIANO: Stickers – ovunque. Se fate un viaggio di mila chilometri con una figlia di 6 anni, datele degli stickers. Impiegherà ore a ricoprire qualsiasi cosa con gli stickers, compresa la macchina nuova, che ora è più colorata e non più nuova.

Fuori passano aria fresca e campi.
Lotto con le tariffe telefoniche e la dipendenza da wifi: unifichiamo la telefonia? Che diavolo, siamo andati sulla luna e dei robot fanno tutto ciò che fanno gli esseri umani! E ancora devo contare i centesimi di scatto alla risposta? Luciano mi ricorda che il suo operatore, quando riesce a prendere, ha la stessa tariffa e profilo che ha in Italia. Mmm…
Non lo so, io no, e credo sarebbe interessante se fosse automatico e molto più semplice da attivare: senza passare da gestori e piani tariffari, ecco.

Comunque è la musica a rivelarsi veramente fondamentale per sopravvivere a più di 20 ore di macchina!
Leila se la passa: guarda i libri, gioca, dorme, ascolta la musica, genera caos nei sedili dietro.

LEILA: Ma sai che questi tre stanno facendo una gran confusione? (I tre sono il cane peluche Lorenzo, la piccola foca Biancanera, la piccola pinguina dalla testa a gelato Pinguinchka…)

Ecco ora si sono addormentati uno sull’altro!

Mi assale l’ansia da non ho studiato bene il tedesco e se faccio una domanda non so come chiederlo. Non so, trovo che non sia cortese, in un Paese, arrivare e dire: Do you speak English? Sono poi a casa loro e hanno il diritto di non parlarlo. Mi ricordo mio cugino Fabrizio a Vancouver che mi raccontava di quando gli americani arrivano in vacanza in Canada e hanno quel loro piacevole atteggiamento di superiorità nei confronti degli altri, ma soprattutto dei canadesi; ragion per cui vedi che in strada o nei negozi ti apostrofano così: Do you speeeaaak English? Do you taaaake dollars? Come se dopo i loro confini non ci fosse civiltà… Ecco, io non voglio sembrare io come questi americani. Allora ho trovato un compromesso: in tedesco, gli dico che non parlo tedesco e chiedo se loro parlano inglese. Mi sembra meno una mancanza di rispetto, anche se poi l’empatia cortese di questo popolo non irrompe dai banchi della reception. Del popolo tedesco, dico.
Che poi, lo hanno detto in tanti, è il viaggiare che costruisce ricordi ed esperienze; è nel viaggio stesso ciò che va ricercato, non nell’arrivare.
Condivido, ma alle 11.41 del 6 agosto – ora – vorrei essere già arrivata ad Årre.
Ancora poco al confine. Ma dov’è?
Queste ultime tre ore di viaggio paiono una vita!!!
Ed ecco finalmente la bandiera danese!

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Sosta, meritata, nel primo autogrill in terra danese, un po’ di salmone per pranzo e via verso Versenlundje (o qualcosa di simile).

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LUCIANO: AirBnb è la svolta, soprattutto in una nazione costosa in alta stagione. Prenotate per tempo e avrete molta scelta, scegliete l’host con foto belle, una presentazione in inglese e dei feedback: non potete sbagliare. Chi decide di cedere o condividere la propria casa ha uno spirito ospitale in partenza e non potrete che trovarvi bene, parlando della cultura, del luogo, chiedendo consigli, ecc. Fate attenzione se la cucina é disponibile, nel caso vogliate mangiare qualcosa in casa, per riposarvi, come noi, e per abbattere i costi di viaggio. Il modo migliore di vivere il design danese é studiarlo dall’interno, nel quotidiano, quindi ben venga AirBnb.

Un viale di grano e fiordalisi ci scorta – finalmente – fino a Grete la nostra prima host!

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Che bella lei! Ci fa vedere la nostra casetta per i prossimi giorni: nella loro ex stalla.

LEILA: Daddy ha sbagliato strada per arrivare qua!

Chiacchierando con la nostra host, scopro che siamo dei pionieri (i terzi ospiti) e ci chiede di aiutarli a migliorare il servizio!
La loro è una famiglia di pastori ma non sono come noi immaginiamo dei pastori (vedi Peter di Heidi o i pastorelli del presepe)!
Hans – suo marito – mi racconta che è stato tre volte a Bologna per la fiera dell’agricoltura, quando ancora stava in giacca e cravatta dietro la scrivania, e poi ha deciso di essere un fattore 24 ore al giorno. Ora hanno quattro cavalli, tre cani incredibili, gattini e più di 3000 pecore! 3000? Glielo chiedo due volte… Sì, 3 thousand!!!
Io continuo a ripetermi che tutto sembrano tranne che due fattori. Le stalle sono intorno a noi, ma non sentiamo puzza o rumori.

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…Qualche mosca, ma dove non ne trovi?
E Grete dovrebbe avere una scuola per modelle, o roba di moda, altroché!
Prendiamo possesso della casa e marco il territorio… 🙂

E a questo punto parte il dramma rifiuti. Ho questo problema con la mia coscienza ecologica: non riesco a buttare l’immondizia se non nei raccoglitori appositi. Ho borse piene di carta e plastica, che mi porto a casa, così so dove vanno smaltiti e riciclati. E quando arriviamo all’estero una delle prime cose è studiare dove sono le oasi ecologiche.
In Danimarca, ci spiega Grete, riciclano ferro e vetro e poi il resto viene bruciato tutto insieme!
Argh! Devo buttare tutto nella stessa busta? Non credo di farcela.

LUCIANO: Ribe, appena arrivate in Danimarca, andateci. È uno dei primi paesi che incontrate e vi darà già un riassunto di quello che vedrete: vichinghi e design. Noi europei ci siamo pian piano abituati al design nordico, ma qui lo vivrete nella sua forma più pura! Ribe ha diverse “butik” di design, abbigliamento e quant’altro, nascoste in vie strette piene di fiori e case tradizionali, molto simili a quelle inglesi. Consiglio di mangiare al Quedens Gaard Cafe, dove design e cibo si fondono in una cosa unica a prezzi onesti. Per i negozi, tra i tanti, visitate il laboratorio di Marianne Ostergaard –Danish Knitwear e Maren Splid Butik per vedere un po’ di tutto.

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8 agosto: on the road to Billund, Legoland!

LUCIANO: Lego, scontato dirvelo, ma andate a Legoland. Portatevi dei panini, visitate, fatevi delle foto ricordo nelle macchinette, ma non comprate i set tradizionali: costano almeno un terzo in più. Al massimo concedetevi alcune cose in vendita in esclusiva allo shop di Legoland.

La quiete prima della tempesta.
Leila è silenziosa, io guardo le nuvole che sono basse e mi ricordano che sono su in Europa perché così vicine le vedo solo qui.
Lucio fischietta brani di Radio Nova.
Per la Brunagaard Krogh family oggi è giorno di pecore e agnellini in arrivo e per noi di mattoncini.
Comunque infanzia, no?

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Ah, happy Birdei to me. Let’s groove! 🙂

Entrati alle 10.00, usciti alle 20.00.
Siamo distrutti ma felici.
Leila riassume la nostra giornata:

LEILA: …Stato bellissimo andare a Legoland… e poi uhhh guarda un cavallo, a destra! È stato bellissimo andare sul drago che andava velocissimo e poi sul bruco mela che andava vruuuuum vruuum vruuum… E poi ho visto uno squalo gigante e poi un pesce enorme… E poi ho vinto alle papere un gufetto che si chiama Decimina (e parte la sigla di Decimina con acuto finale).
Ah, c’era un drago, ma non spaventoso, perché va velocissimo!
Non dovete andare sulle ranocchie che saltano, perché vanno troppo in alto e poi in basso; e poi adesso sono andata via da Legoland e do un bacio a Legoland, smack!
E daddy, se puoi rimettere la macchina al parcheggio così torniamo a Legoland.
Finish.

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LUCIANO: p.s. Rabarbaro, ovunque: negli yogurt, nella limonata, con le fragole, torte, burro di cacao, biscotti, concentrato, nei giardini, nei mazzi di fiori. È bello, rosso, dolce, decorativo e da noi non si trova.

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Un pensiero riguardo “DANIMARCA, Viaggio di famiglia (a tre voci) parte I – Verso Legoland

  • 12 Agosto 2015 in 8:49
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    Bellissimo viaggio… Un pizzico di me è stato lì,nel vs meraviglioso racconto… Grazie!!! E un bacione a tutti, famiglia!!!

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