MALTA, Mondi

Il panorama culturale di Malta appare piuttosto desolato, ma il Saint James Cavalier rappresenta una felice eccezione. Cinema, mostre d’arte contemporanea, musica, teatro e una struttura che conserva il fascino dell’antico forte da cui il centro creativo prende il nome, senza tradire la spinta verso la modernità. È qui che ho avuto la fortuna di vedere Odyssey, una personale del pluripremiato fotoreporter americano Steve Mc Curry il cui scatto più celebre, Ragazza afghana, rappresenta la copertina più conosciuta del «National Geographic», l’immagine simbolo di Amnesty International e un’icona della condizione dei profughi nel mondo. Il lavoro di Mc Curry è una, o forse dovrei dire la, celebrazione del viaggio. Il training dei monaci shaolin nel monastero di Zhengzhou in Cina, bambini libanesi che giocano tra gli scheletri dei carri-armati nei pressi di Beirut, ragazze indiane sorprese da una tempesta di sabbia in Rajasthan, le macerie dell’11 Settembre e i pozzi del Kuwait. Le sue fotografie sono questo e molto di più. Ma sono soprattutto occhi che ti guardano. E ci sono un milione di mondi possibili in quegli sguardi. Esistono storie lunghe una vita e altre che non avrebbero potuto durare un istante di più.

Mondi (particolare di una foto di Steve Mc Curry)
Mondi (particolare di una foto di Steve Mc Curry)

Se di queste foto – come di tutti gli scatti fatti ad arte – si dice che sono meravigliosamente in grado di catturare il momento, congelare l’attimo, imprigionare l’anima di ciò che immortalano, a me pare paradossalmente che ai volti, ai paesaggi, alle esistenze che fotografa Mc Curry riesca a lasciare l’enorme libertà di raccontare e raccontarsi per quello che sono. Non ci sono sottolineature e punti di vista, sembrano ritratti “aperti” in cui la vita che entra ha l’immediatezza del presente, raccoglie il carico di ciò che è appena stato e si apre a quello che verrà, senza soluzione di continuità. È così che in quegli sguardi si legge tutto, senza poter smettere di interrogarsi. Mi chiedo se sia questo il segreto di questo straordinario collezionista di mondi: leggere tutto, senza smettere di farsi domande. Forse esiste un viaggio che si allarga tanto da diventare stile di vita, un’attitudine a non passare oltre, ad avere cura, a dare importanza.

Ho pensato alla mia esperienza qui e alla mia vita altrove, agli incontri fatti, ai luoghi attraversati. Davanti a quegli occhi carichi di paesi lontani mi sono sentita smarrita e scoperta. Malta è diventata più piccola di quello che è (e lo è davvero, tanto!) e il mio percorso i pochi passi che da casa di mio nonno portano al mare. Eppure non ho avvertito sconforto e tristezza per ciò che non ho visto e non vedrò, inettitudine o impotenza per quel che probabilmente non riesco nemmeno a immaginare. Riparata in un angolo degli Upper Barakka Gardens ho fotografato il mio viso e mi è parso di scorgervi commozione e consapevolezza. Ci sono un milione di mondi possibili e il mio non è che uno sguardo che tenta di rimanere aperto e soffermarsi su quella minuscola parte che riesce ad attraversare. Non è mai abbastanza, ma è già qualcosa. Anche se è un pensiero stupido, me lo sono stretto al petto come si fa con qualcosa di prezioso. Soltanto un paio d’ore più tardi l’ho lasciato andare, consegnandolo alla scia di un enorme mercantile che lasciava il porto di Valletta, diretto chissà dove.

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