Lampedusa Mirrors, TUNISIA, epilogo: il teatro, la scuola, il deserto

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A proposito di inattendu, ovvero dell’imprevisto che la Tunisia continuamente ci regala, il giorno dopo aver terminato il percorso con i professionisti e i ragazzi della capitale, i nostri partner Moez Mrabet e Monem Chouayet ci portano a sud, a Matmata.
Qui si terrà un laboratorio teatrale di «formazione per formatori»: si tratta di fornire degli strumenti teatrali a una ventina tra insegnanti e educatori di scuola primaria e secondaria, perché imparino un modo diverso di insegnare, un modo che non tenga conto solamente del cervello, ma anche delle emozioni di chi impara, per una crescita più completa. Noi siamo là per assistere al lavoro dei nostri amici, ma forse, chissà, «se volete, potete anche fare qualcosa».
Che bello: questo progetto assomiglia a molti di quelli che al Teatro dell’Argine portiamo avanti, dentro e fuori la scuola, spesso in collaborazione con esperte come Federica Zanetti e Laura Gobbi (Università di Bologna e della Repubblica di San Marino), che da anni credono alle potenzialità del teatro in ambito educativo.
E che bello che – nella generale indifferenza (quando non diffidenza) che si ha verso gli artisti – qui, ai bordi del Sahara, qualcuno creda che noi possiamo dare un piccolo contributo.

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Lampedusa Mirrors riparte. Il viaggio verso sud ci svela un’altra Tunisia, fatta di oasi piene di palme piene di datteri e di montoni scuoiati appesi ai bordi delle strade, cotti e venduti assieme a taniche di benzina di contrabbando e bicchierini di tè alla menta.
Ma l’arrivo a destinazione è addirittura stupefacente.
Sì, perché Matmata è un luogo magico, là dove il Sahara è fatto di roccia rossa e non ancora di gigantesche dune di sabbia, che si trovano a meno di 80 km da qui.
Matmata è terra berbera e fu terra troglodita: lo testimoniano le tende berbere che troviamo lungo la strada, ma soprattutto le grotte che scavano le colline montuose nel fianco, ma anche da sopra, come fossero tazzine di pietra. Tazzine nelle quali si aprono porte di case, case vere, abitate da persone vere da tempo immemorabile.
A Matmata, nelle grotte, nonna, mamma e figlia ti accolgono con un pane buonissimo e caldo, da intingere in una ciotola con miele e olio d’oliva mescolati e, naturalmente, con un buonissimo tè alla menta.
A Matmata è stato girato il quarto episodio di Guerre Stellari e l’atmosfera è tanto lunare e futuribile, quanto sacra e ancestrale.

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Anche noi viviamo e lavoriamo in un ostello scavato nella montagna; viviamo e lavoriamo con insegnanti dai 23 ai 60 anni che hanno una voglia incredibile di mettersi in gioco in prima persona e di imparare da noi vie nuove per parlare ai loro bambini, per insegnare senza inculcare, ma bussando gentilmente a porte che non aspettano se non di essere aperte.

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A Matmata incontriamo anche un’altra famiglia: la nonna sta setacciando l’orzo, i bambini girano scalzi; uno, biondissimo, a testimonianza della sua ascendenza berbera, ha una gambina storta e tesa. Il medico però ha detto alla madre che guarirà, con qualche medicina e con la crescita. Anche a questo bambino qualcuno insegnerà i giochi che abbiamo condiviso nel laboratorio? Ci piace pensarlo.

Ripartiamo per l’Italia cariche di datteri, di dolcetti alla mandorla, di costumi tipici, di regali di ogni sorta. Cariche di amici, di occhi di mani di pensieri. In attesa che la Tunisia venga a Bologna. Senza passare per Lampedusa, però.

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