DJIBOUTI, La Porta delle Lacrime e il lago sotto al mare

Deve esserci qualcosa d’insolitamente sacro e straordinario nel sale,
se è contenuto nelle lacrime e nel mare.
Kahlil Gibran

La Porta delle Lacrime: un nome affascinante ed evocativo. Pare sia la traduzione più o meno letterale che si dà di Bab el Mandeb, lo stretto di mare situato proprio sul Corno d’Africa. La versione più romantica racconta del pianto per la separazione tra il continente africano e il continente asiatico. È bella, ma io non ci credo: in passato non si è pianto per la separazione da altri continenti, anche se forse, da adesso, qualche geologo piangerà per il modo in cui sto maltrattando la sua materia… In effetti, esattamente in quel punto, passa una delle più grandi crepe della Terra, la Rift Valley, l’enorme ferita prodotta dalle “craniate” che si sono dati milioni di anni fa quei continenti, e che ancora si danno. D’altra parte non deve essere stato facile, per “Proto Africa” e Proto Asia”, stare fermi mentre sotto i loro piedi centinaia di migliaia di vulcani avevano deciso di accendere uno dei barbecue più grandi e continuati della Storia, tuttora silenziosamente acceso.

faro

L’altra spiegazione del nome “Porta delle Lacrime” allude alla pericolosità di quelle acque, là dove l’imbuto in cui passa il Mar Rosso si apre nel Golfo di Aden e annuncia la vastità dell’Oceano Indiano. In quel tratto di mare, vicino alla costa e largo solo una trentina di chilometri di fronte allo Yemen, ci sono correnti pericolose e fondali bassi di barriera corallina, cause sicure di molti naufragi nell’antichità. Mi pare un’interpretazione più credibile: molte donne devono aver pianto i pescatori e i mercanti che non sono tornati da quella porta. Le sorprese geologiche però non sono finite: la Rift Valley, che parte dalla Siria e arriva molto più a sud in Mozambico, in questa zona si dirama anche in altre due direzioni, che prendono il nome di Triangolo di Afar. Questo triangolo coincide con il territorio di Gibuti, sfiorando anche Etiopia ed Eritrea nella piana della Dancalia, ma soprattutto scende di quota, cioè sprofonda un bel po’ in basso, proprio come una pozzanghera asciugata dal sole. Quindi non solo Gibuti, come dico sempre, è una tinozza bollente, ma è pure crepata sul fondo. Infatti qui, a circa 150 metri sotto il livello del mare e vicinissimo a esso c’è anche il punto più basso di tutta l’Africa: il Grande Lago Salato o Lac Assal.

lacassal

Scusandomi ancora con i geologi per la semplificazione, ecco come si è formato: l’unico immissario è il mare che, infiltrandosi sotto terra, porta l’acqua che va a creare il bacino del lago – più salato del mare – mentre la continua evaporazione, causata dalle altissime temperature, crea i depositi di sale.

lacassal2

Il Lac Assal è una bianca meraviglia di abbacinante bellezza, o almeno è così per me. Quando posso torno a visitarlo anche se la sensazione, dopo un po’, è proprio quella di evaporare minuto dopo minuto, partendo dal liquor cerebrale. In effetti, qui sul lago, il clima è già riuscito a mandare in malora alcuni progetti umani – in certi casi, dico io, fortunatamente – anche se non so quanto durerà. Tempo fa, infatti, c’era un progetto di sfruttamento intensivo: si prevedeva l’estrazione del sale dalle zone asciutte, tramite escavatori, e poi l’esportazione a scopo industriale, visto che non è sale buono per alimentazione, almeno non per il palato europeo. Ci ha provato per anni anche il governo locale, lasciando ingloriosamente sul campo, su una sponda del lago, un cimitero di Caterpillosauri e Bulldòzerodonti: sono ancora lì, piagati dalla ruggine e abbattuti per infarto al motore, scoppiato per il caldo dei 50 e passa gradi delle spietate estati del Corno d’Africa. Poi è stata la volta del porto degli statunitensi: hanno tracciato col righello una banchina in cemento, dritta sul bianchissimo foglio di sale, dal lago al mare, per il trasporto via nave. È in via di sbriciolamento, ancora in attesa di cargo fantasma, mai attraccati. Infine ci stanno provando i cinesi e temo che loro ce la faranno, così come stanno riuscendo a fare quasi ogni cosa vogliano fare in un’Africa ormai venduta a tranci.

dromedari

In tutto questo inutile frattempo, i nomadi Afar giungono ancora al lago taciturno nel vasto buio della notte, appena un po’ meno calda del giorno in ebollizione. Come accade da millenni arrivano per estrarre il sale dalla crosta, che percorrono con rispettosi sandali di cuoio. In cielo tante stelle, quanti i grani di sale sulla terra, si rispecchiano luccicando nelle acque. Gli Afar, con pochi strumenti che non deturpano le rive, grattano a mano la quantità di sale, con cui riempiono sacchi di peso immutato da sempre, non un chilo di più, e li caricano sui dromedari. Più tardi, verso il mattino, il vecchio capo-carovana passa tra gli animali, a controllare che le corde siano ben strette intorno al prezioso carico sui basti; solo allora dà l’ordine di marcia, mentre il sole ricomincia a incendiare le montagne, uniche testimoni nella notte.
Andranno molti giorni a Nord, con passo antico, sulla rotta per l’Etiopia. Ma non cavalcano i loro dromedari perché non è uso in questa parte di Dancalia. E così marciano, in sincrona cadenza a fianco delle zampe ciondolanti degli animali, il coltellaccio a lama curva ben in vista alla cintura e le mani appoggiate sul bastone, steso sul collo e sulle spalle, a mo’ di bilanciere. Lassù, dove quel sale viene mangiato da uomini e capre, baratteranno i loro grani con i cereali, scambieranno le miglia dei propri passi con il miglio per la loro fame, il sale bianco che manca in Etiopia con la linfa verde che non cresce in Dancalia.
Spero che nessuno mai, se non gli Afar, riesca in futuro a grattare il sale dal Lac Assal.
Purtroppo la Porta delle Lacrime continua a tener fede al suo nome; ho saputo in questi giorni che un numero imprecisato di profughi yemeniti che scappavano dalla guerra ha fatto naufragio tentando di arrivare sulla costa di Gibuti.
Le lacrime del Mar Rosso si sono mescolate e si mescoleranno ancora con le lacrime del Mar Mediterraneo, perché, in fondo, non esiste un mare isolato dagli altri mari.

bottone_torna-a-stefano

Condividi su:

Lascia un commento