UNAM, L’isola dell’uguaglianza (in una città dove il codice postale determina chi sei)
«Studiare all’UNAM (Universidad Autonoma Nacional de México) è come studiare ad Harvard» mi dice una mia amica statunitense, messicana di prima generazione, che visita per la prima volta la capitale della sua madrepatria. Priscilla C. è originaria di Ciudad Juarez e vive da più di 15 anni a Pittsburgh, Pennsylvania; lei è l’unica dei suoi fratelli e sorelle a parlare spagnolo e a mostrare interesse per le sue origini.
Vorrebbe visitare C.U., la città universitaria di cui ha sentito tanto parlare da suo zio, professore di scienze economiche che insegna lì.
E allora io, italiana trapiantata nel monstruo [Città del Messico, N.d.R], la porto in giro a scoprire cosa si nasconda dietro l’UNAM e paradossalmente a spiegarle la differenza tra: un esquite, un bicchiere di chicchi di mais con formaggio e peperoncino, e un elote, una pannocchia intera ricoperta di formaggio e peperoncino che gli ambulanti vendono per strada al modico prezzo di 20 pesos (un euro).
Dopo aver vissuto un anno a «Chilangolandia» (i chilangos sono tutti gli abitanti di Città del Messico) e conosciuto, grazie al mio lavoro di insegnante, tantissimi coetanei e studenti universitari, ho capito che c’è solo una università, tra le centinaia di scuole e istituti, in cui il tuo codice postale non conta: l’UNAM.
In una capitale di 23 milioni di abitanti circa, ci sono solo tre università pubbliche: l’UNAM, la UAM (Universidad Autonoma Metropolitana) e il Politecnico, tutte le altre sono private e costosissime. Entrare in una di queste non è facile e solo pochi ce la fanno. Tutti gli altri pagano cara la loro istruzione; le tasse sono a dir poco proibitive alla Universidad Anáhuac, la Iberoamericana, o nel prestigioso Tecnológico de Monterrey. Certo, si può vincere una borsa di studio, ma chi può permettersi di pagare quest’istruzione o garantire che tutto andrà liscio durante il percorso di studi? Sicuramente una piccola fetta della popolazione, la stessa fetta che abita in un quartiere “bene” della città e che molto probabilmente ha frequentato una scuola privata alle elementari, medie e liceo.
Paradossalmente però succede che uno studente di un quartiere “bene” voglia fare un master all’UNAM ed entrare in un ambiente dove tutti possono permettersi di studiare. Dico paradossalmente non a caso, perché il classismo della società messicana è così forte che ci sono pochi luoghi in cui convivono tutte le classi sociali insieme. Qui, per alcune persone, il tuo quartiere determina chi sei, e spesso c’è chi storce il naso quando dichiari di vivere in un quartiere modesto, se non povero. Molti abitanti disconoscono la loro stessa città e c’è chi, per pregiudizio, non frequenterebbe mai una persona che vive al capolinea della metro.
Vivi al nord o al sud? Hai origini europee? Sei bianco o nero? Tutte domande implicite che, in una conversazione tra amici, possono emergere indirettamente o sotto forma di battuta.
Il malinchismo, termine popolare messicano che designa la preferenza dello straniero in confronto al nazionale, è ovviamente un retaggio coloniale, che si manifesta anche tra i messicani stessi, tra quelli bianchi del nord del paese e i “terroni” del sud, mi verrebbe ironicamente da dire da calabrese.
Fatta questa breve premessa, l’Università Autonoma è un luogo emblematico; non soltanto per la sua incredibile storia – la strage dei manifestanti nella piazza delle 3 culture è considerata la più crudele repressione del movimento studentesco nella storia (Tlatelolco, 2 ottobre 1968) – ma per l’importanza che questo suolo assume oggi, capace di annullare le apparenti e costruite differenze.
Improvvisamente in questo luogo, gli abitanti della città sono tutti uguali, sono entrati a far parte di una città parallela, una famiglia grandissima (C.U. città universitaria) dove il bianco è uguale al nero e le opere dei grandi muralisti messicani – David Alfaro Siqueiros, Juan O’Gorman e Diego Rivera – accompagnano la vita quotidiana di professori e studenti. I murales rappresentano la storia messicana, il passato pre-ispanico, la conquista, la rivoluzione, l’indipendenza e il presente, il progresso e la tradizione.
Sono moltissimi i film realizzati alla C.U., tra i più belli, il pluripremiato Güeros di Alonso Ruizpalacios (2014) che racconta la storia di due indolenti universitari e ambientato negli anni della contestazione giovanile.
Nessun film potrà davvero rivelare l’identità magica di questo luogo e nemmeno un semplice turista straniero potrà coglierla; per capire ciò che rappresenta l’UNAM bisogna vivere a Città del Messico almeno per un po’, frequentare tanta gente, quartieri e persone di ogni parte della città e poi farsi una passeggiata a C.U. per prendersi una boccata d’aria, una tregua da tanti numeri e codici postali.