BELGIO, Ciao Bruxelles

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Dopo due anni e otto mesi è arrivato anche qui il momento di levare le tende.

Terzani diceva che «un viaggio ha senso solo se risponde a qualche domanda»; secondo me, invece, ne ha solo quando ne genera di nuove… Se sono io ad avere torto, sono 15 anni che mi muovo “senza senso”, ma ci può anche stare.
Mi conforta Guccini che, nel suo Gulliver, finisce col dire che «da tempo e mare non si impara niente» (ripetendolo addirittura cinque volte).
Ecco, io anche questa volta non ci ho capito proprio nulla.

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La cosa non mi dispiace affatto; certo potrei parlarvi di integrazione e del suo contrario, di birre e tetti spioventi, di Art Nouveau, cioccolata a fiumi, di istituzioni europee, di strascichi post-colonialisti, di fumetti e di tuberi fritti e rifritti… Ma la verità è che io non ho capito proprio nulla: chi sono i belgi, chi i valloni, chi i fiamminghi, qual è il loro spirito, cosa credono e dove vanno; ora so “solo” che esistono e stento a credere che, quando me ne andrò, tutto continuerà incurante della mia assenza. L’81 continuerà a passare, la Grand Place riempirsi di turisti, vomito e fiori, l’Atomium a brillare e la pioggia cadere.

Quando me ne andrò, per me Bruxelles diverrà un’istantanea che all’occorrenza fingerò di aver compreso ma che, grazie a Dio, invece mi rimane vivida e sconosciuta.

Ciao Bruxelles e grazie.


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