DJIBOUTI – La lunga rotta verso Sud (prima parte)

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Mi è arrivata dall’Italia una bella notizia: una nave container è partita da Genova con un bancale di farmaci. Nel giro di venti giorni circa l’enorme cargo attraccherà nel porto di Gibuti e il bancale verrà sdoganato entro una settimana, dopodiché Ahmed Autista (qui tutti hanno un soprannome), con il suo scassatissimo pick-up, consegnerà le medicine tanto attese alla farmacia dell’ospedale.
Detta in questo modo, una spedizione con consegna di materiale umanitario sembra una cosa molto semplice. Non è così. Ogni scatola di farmaci, ogni cartone di giocattoli e vestitini per bimbi, ogni pacco di cancelleria per la scuola, insomma ogni cosa utile che ci viene donata e che consegniamo nelle mani delle persone che ne beneficeranno, ha seguito una lunga rotta, prima di prendere decisamente verso sud.

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Ripenso all’inizio tipico di una delle nostre spedizioni in Italia. Tornanti e rettilinei, alternati a piacere, si avvicendano a salite e discese, ugualmente a casaccio. Il caffè dell’alba di poco prima non circola ancora bene. Lo capisco come sempre dagli stessi indizi: il vecchio camion, ad ogni nuova pendenza da affrontare, mugugna e gorgoglia con rumori da edema polmonare, ma soprattutto da Paolo, di doppietta dura sul cambio, che accesa la seconda paglia gli borbotta dietro con mezzi ringhi e brontolii minacciosi; come sempre meno chiari di quelli del camion.
Per sincera gentilezza verso tutti i non fumatori presenti a bordo, cioè me, apre il deflettore. Entra subito aria gelida che mi spalma meglio il fumo in faccia. Rialzo il bavero del giaccone e mi calco sulle orecchie il berretto di lana. Valichiamo l’ennesimo crinale inzuppato d’inverno, vestito in grigio-verde appenninico. È gennaio e il nostro convoglio dirige a sud, verso l’autostrada. Noi stiamo davanti e la retroguardia, formata dal furgoncino con Gianluca e Mirko, ci segue lenta, come una scialuppa a traino del veliero.

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Quello era uno dei tre viaggi che abbiamo fatto verso La Spezia nel 2013. La crew sarebbe cambiata, ma non tanto, a ogni viaggio, così come la stagione e il materiale umanitario trasportato. Ogni farmaco, ogni quaderno, ogni giocattolo e vestitino ha la sua storia che nasce e proviene da mani diverse, a volte sconosciute, sempre di cuore. Viaggia per nostro tramite e con l’aiuto di molti. Soprattutto arriva nelle mani di chi ne ha bisogno. E questa è la loro storia.

Prossimamente la storia di come un farmaco, un quaderno, un giocattolo e un vestitino attraversano una rotta tortuosa, ma virtuosa, fatta di meridiani e paralleli solidali per giungere poi a Gibuti, nella mia personale geografia fatta di latitudine, longitudine e fratellitudine.

(seconda parte)

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