SRI LANKA, Ahungalla, Scuola di fotografia alla One World Foundation
One World Foundation, Ahungalla, Sri Lanka
Il primo giorno di scuola presso la One World Foundation non è stato di certo uguale all’ultimo. All’inizio gli studenti ci hanno accolto alzandosi in piedi e rigorosamente si sono presentati alla classe. Erano timidi: per molti di loro era la prima esperienza in un’aula mista di uomini e donne. Le ragazze sedevano avanti e i ragazzi se ne stavano tra di loro negli ultimi banchi. L’ultimo giorno di scuola Hashan ballava in classe, Pawan cantava “I like to move it” (la colonna sonora del film Madagascar) rompendo la fila delle sedie e Ishara e Sajan facevano i turni per portare rice and curry e rotty per tutti.
Come ci siamo arrivati a questo punto? In questa scuola? Bisogna fare un passo indietro.
È iniziato tutto il 15 gennaio 2014, quando io e la mia amica fotografa Elena Givone siamo arrivate ad Ahungalla, un piccolo villaggio situato nel sud dello Sri Lanka. Elena era già una veterana dell’isola poiché due anni prima aveva insegnato fotografia nella scuola di One World Foundation, fondata nel 1995 da Kathrin Messner e suo marito Josef, due signori austriaci che più di 30 anni fa si innamorarono di questa terra e decisero di coronare il loro sogno: aprire una scuola gratuita, che oggi conta circa 1000 studenti e 37 insegnanti.
I nostri alunni erano tredici, di età compresa tra 19 e 38 anni, e la maggior parte di loro parlava cingalese e inglese. Si sono lasciati conoscere pian piano e spesso, per parlare di loro stessi, hanno usato le fotografie scattate durante il corso: le giornate tipiche, le loro case, i loro vicini, le loro famiglie. Così abbiamo imparato che tutti si svegliano presto al mattino, preparano una grande colazione a base di riso e verdure e al tramonto pregano Lord Buddha, portando dei fiori al tempio più vicino o semplicemente a casa. Come in tutte le classi, ci sono stati gli studenti più creativi e quelli meno, ma tutti hanno contribuito a creare un ambiente stimolante. Hashan, alias The Director, era il primo della classe, il più “secchione”, quello che voleva fare i compiti anche nel weekend e portarsi l’attrezzatura a casa. Amanda, la sognatrice, ritagliava farfalle di carta e le utilizzava per le sue installazioni fotografiche. Sanjeeva, alias The Father, il più anziano del gruppo, durante il corso è diventato padre di famiglia, insieme a Prageeth, che presto lo diventerà. Banu, il cantante della classe, intonava una melodia diversa ogni mattina e credeva fermamente che la musica cingalese fosse migliore di quella inglese, tranne quella che si ascolta in autobus durante le tratte per arrivare ad Ambalangoda, la città più vicina, meglio quella tradizionale, del repertorio musicale degli anni ’70.
Ogni giorno uno studente diverso sceglieva la musica improvvisandosi DJ. Sono stata molto sorpresa nello scoprire che ahimè, Justin Bibier e Akon sono popolari anche ad Ahungalla!
Non sono mancate le discussioni per quanto riguarda il codice di abbigliamento. Le ragazze dopo solo poche lezioni hanno deciso di scrivere una lettera al preside, chiedendogli di poter indossare anche loro i pantaloni e liberarsi delle scomode gonne strette fino alle ginocchia. Purtroppo il preside ha negato il permesso con un diplomatico «we are in the country side» e le ragazze non hanno potuto fare altro che essere accondiscendenti. Anche quando si era pensato di portare la classe a Sri Pada (“Picco di Adam”) un luogo sacro di pellegrinaggio, con tanto di 7 km di scalinata, una delle studentesse ventottenni non ha avuto il consenso da parte dei familiari poiché bisognava passare una notte fuori. Così abbiamo deciso di andare verso il sud dell’isola visitando Matara, città splendida, conosciuta per il suo tempio sospeso sulle acque, le spiagge di Mirissa, i pescatori di Weligama e il parco nazionale di Bundala con tanto di wild safari.
La natura è stato il soggetto preferito da tutti i ragazzi durante le escursioni fotografiche: scoprire che potevano fotografare anche le persone è stata una rivelazione! Durante una delle escursioni al tempio buddhista più vicino alla scuola, si sono lanciati e hanno fotografato tutti i monaci bambini che vivevano li, sperimentando le varie tecniche di ritratto che Elena aveva spiegato in classe. E così è accaduto il miracolo: alla fine del corso tutti avevano un progetto per la mostra finale. Anushika ha fotografato dei ragazzi affetti da malattie mentali, Ashan le persone più sfortunate e la povertà che ha incontrato per strada, Amanda il colore blu, Ishara ha realizzato un reportage sulla lavorazione del cocco, Yashica sulla cannella, Pawan ha interpretato il tema della libertà, Prageeth quello delle religioni, Banu ha mostrato i lati oscuri di Ambalangoda, la sua città natale, Madumali ha ritratto i bambini della scuola, Hashan l’inquinamento del territorio, Kumesh gli autisti dei tuk tuk, Sanjeeva la vita dei pescatori, e Sajan il forte olandese della città di Galle, uno dei siti dichiarati “Patrimonio Mondiale dell’Umanità” dall’UNESCO.
L’ultimo giorno di scuola non sono mancate la commozione e le lacrime. Ero così orgogliosa di vedere come dal niente si sia potuto allestire un’aula e renderla una galleria d’arte, con foglie di banano come tappeto, intrecci di palme da supporto per le fotografie e un albero di candele.
In Italia siamo abituati al muro bianco e alla cornice nera, e persino un gancio più spesso ci sembra possa creare del caos. In Sri Lanka, per fortuna, nessuno ha paura dei colori e l’arte si crea da quello che ci circonda.
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