ESODI 6, Il capo dei capi
Diari da uno spettacolo 2015
al laboratorio interculturale Esodi del Teatro dell’Argine.
Contributi di Elena Guidolin e Teresa Vila.
Disegni: Elena Guidolin
Finito l’intervallo, riparte la mia prova teatrale al laboratorio (…interculturale!) di Esodi; il teatro va mutandosi in un hotel, e quelli che fino ad un secondo fa erano i miei compagni di corso ora sono o dei turisti sparsi qua e là, o degli estranei, o dei miei colleghi dello staff alberghiero…
…Colleghi che, tra l’altro, per una volta sembrano in pausa, riuniti in un capannello vociante che discute animatamente. Provo ad avvicinarmi a sentire che dicono.
«… Grazie al cielo che ora con i turisti di lavoro ce n’è! Prima era un mortorio… E poi, ragazzi, la fortuna di lavorare senza essere controllati, senza troppo stress, dove la mettete…?», dice uno del personale specializzato. Una ragazzina, che di solito si occupa di rifare i letti, gli risponde inviperita: «Per controllarci, mi basti tu, che stai sempre a ficcare il naso dappertutto… E poi, piuttosto, è al contrario: a me ‘sta cosa di non sapere chi è il direttore mi mette un’ansia…!».
Un chiacchericcio di assenso si leva. «Potrebbe essere chiunque. Dicono che sia giovanissimo. E se fosse quel ragazzino che sta sempre nascosto sotto il tavolo e sbuca fuori quando mangiamo, il direttore?».
«È vero… Pare che si camuffi da estraneo per vedere come lavoriamo…».
«Ma ti pare…! Un direttore a grattarsi la rogna come uno degli estranei…!».
«Allora potrebbe fingere di essere un turista, così sta comodo, no?», azzarda qualcuno.
Silenzio completo. Tutti gli sguardi si dirigono verso la turista tedesca di mezza età che fa colazione da sola, al tavolo, annoiata. Meccanicamente, raddrizziamo la postura e ci rassettiamo la divisa.
Uno sprezzante e sguaiato: «Seeee! Figurati se è tedesco il direttore! Sicuro che è arabo, non hai visto come dobbiamo gonfiare i prezzi e stare lì a mercanteggiare?!?» rompe l’incantesimo, e si ripiomba nella confusione generale. Tutti ridono, tranne dei ragazzi arabi che, offesissimi, decidono di non rispondere, mentre qualcun altro urla: «Ma nooo che sarà bulgaro! Con tutto il maiale che c’è nel menù!».
«Ah beh, di certo non è delle nostre parti», dicono, schifati dal maiale, i ragazzi africani.
«Ma daiii, ma di dove volete che sia?! Solo un europeo ci schiavizzerebbe così! Lo sanno tutti che sono malati di soldi!». Arabi con arabi, europei con europei, africani con africani: per ora scherzano, ma se continuano un altro po’, mi dico, potrebbero mettersi a litigare sul serio.
«Vabbè», azzardo, «ma magari il direttore neanche c’è…». Ancora silenzio.
Dopo un po’, come seguendo il filo di un suo ragionamento, la ragazzina dice: «Beh, se non c’è il direttore, è tutta colpa di quelli lì…».
«Chi?».
«I turisti!».
Le fazioni e fazioncine, riunite dal nemico comune, si ricompattano: «…I turisti, che sono arrivati e si sono messi a usare tutto, e ci fan stare qui a servirli. Prima il lavoro andava alla grande: anche se non ci aveva dormito nessuno, rifacevo i letti tutte le mattine, per farli apparire belli nuovi e stirati di fresco. Ma ora che li trovo spiegazzati non posso più lavorare! È un’indecenza! Che ne so io di chi ci ha dormito durante la notte? Che ne so io che si meriti che gli rifaccia il letto? E se è un assassino? Un criminale della finanza? Ma che se lo rifaccia da solo, il suo letto!».
Ma lascia stare i turisti, le diciamo: se non c’è un direttore, se siamo liberi… Allora ce ne possiamo andare! Ci guardiamo tutti in faccia: che idea, andarsene…! La ragazza, mesta, oppone un rifiuto: «Se volete andate voi, io resto… Fuori è pieno di pericoli, e io non so che fare i letti… E magari va a finire pure che me lo dimentico, che sono quella che fa i letti, o che mi dimentico la mia nazionalità: che motivo avrei di tenerla a mente, lì fuori? Chi me la ricorderebbe?».
Pian piano abbandoniamo tutti un’idea che da bella e divertente ci è incominciata a sembrare spaventosa.
Lasciamo stare…
L’albergo da lontano è una macchiolina bianca, una rotella allentata di un ingranaggio che in mezzo al deserto gira a vuoto, a vuoto, a vuoto…
Parole: Teresa Vila
Cosa sono i Diari da uno spettacolo?