DJIBOUTI, Lo SMUR 19: le ambulanze nel deserto
Ma veniamo a che ci faccio qui…
A Gibuti dal 1977, anno dell’indipendenza dai francesi, esistono polizia, gendarmeria, forze armate e vigili del fuoco, tutti locali. Le forze francesi residenti prestano soccorso sanitario solo alla popolazione delle loro basi. Mancando quindi un servizio paragonabile al nostro 118 , dopo quattro anni di tentativi e sforzi enormi, un ufficiale gibutino della sanità militare, il Dr. Madian, medico rianimatore con curriculum di studio ed esperienza conseguiti in Francia, è riuscito ad ottenere a fine 2006 fondi e risorse dal suo Governo e donazioni di materiale (ambulanze e altro) dall’estero.
In questo tipo di realtà un servizio di soccorso non poteva che nascere dalle forze armate: non solo perché il contesto è fortemente militarizzato, ma anche perché il locale Ministero della Sanità non sarebbe mai riuscito dal nulla a trovare e a formare, tra i civili, le risorse umane necessarie. I militari, al contrario, già organizzati, hanno portato la loro conoscenza del territorio, la capacità di saper comunicare via radio e il saper gestire (abbastanza) i mezzi e le scarse risorse a disposizione.
Ecco quindi che a gennaio 2007 nasce lo SMUR 19, ovvero il Service Medical Urgence con numero telefonico gratuito 19. La centrale radio viene installata all’interno dell’Hopital Balbalà, l’ospedale il cui direttore sanitario è sempre il Dr. Madian di cui sopra. Sono presenti un blocco operatorio di chirurgia generale con la degenza, la pediatria, l’ostetricia, la radiologia, il laboratorio analisi e, da poco, il pronto soccorso, la rianimazione e anche un ambulatorio di fibroscopia.
Tale piccolo ospedale, insieme a pochi minuscoli centri sanitari e centri nutrizionali per l’infanzia sparsi intorno, è l’unica risposta d’eccellenza ed efficace, nella qualità, data al bisogno di cura della baraccopoli. Ovviamente per i 300.000 potenziali pazienti è insufficiente, ma qui ho imparato, grazie alla professionalità degli operatori, che “insufficiente” non è un facile sinonimo di “sempre meglio che niente”: qui “insufficiente” è, in ogni caso, una cura data al meglio di quello che la realtà permette. Quindi ha valore, anzi ha più valore.
Le patologie più frequenti sono: nel bambino le respiratorie, le gastro-intestinali, quelle legate alla malnutrizione, alla malaria, all’AIDS, alle complicanze da parto; nell’adulto, per semplicità, sono le stesse del bambino più le chirurgiche e le traumatiche.
A Gibuti abitano circa 900.000 persone, suddivise in cinque Distretti. Di questi, tre distano tra loro dai 100 ai 150 km via terra e due sono raggiungibili via nave in circa un’ ora, se il mare è calmo. In ogni capoluogo di Distretto, a fianco del piccolo centro sanitario, ove presente, è stata creata quindi una postazione SMUR. Un potente fuoribordo configurato ambulanza è attraccato al porto di Djibouti per i servizi da e verso i due capoluoghi sulla costa di fronte. Le tre postazioni a sud sono già operative mentre le due a nord, di là dal mare, si stanno ancora organizzando.
Cosa ha e cosa non ha lo SMUR 19.
Lo SMUR 19 ha svariate ambulanze diverse tra loro, nuove e anche usate, gentile dono di Francesi, Spagnoli e Tedeschi.
Ha varie attrezzature e presidi sanitari recuperati un po’ ovunque, a parte ovviamente il materiale di consumo che viene acquistato in loco, per importazione.
Ha la conoscenza relativa del territorio e lunghe distanze da percorrere.
Ha tre tipi di servizio più frequenti: l’urgenza in gravidanza, l’incidente stradale e qualsiasi altra patologia (ferite penetranti, malori, ecc.).
L’urgenza in gravidanza copre circa l’80% delle chiamate, visto che qui ogni famiglia ha dai 5 ai 10 figli come media, a volte di più. Il restante 20% va diviso tra i servizi suddetti.
Non ha adeguato e sufficiente materiale sanitario, da ripristinare in continuo in base al consumo.
Non ha facilità nel riempimento delle bombole di ossigeno, così come non ce l’ha neanche l’ospedale.
Ha 5 o 6 bellissimi defibrillatori DAE 500 FR2 nuovi, regalati non si sa da chi, che hanno la voce guida in inglese, quando qui si parla francese, senza il software per modificare la lingua o le altre impostazioni.
Lo SMUR 19 quindi, non ha soprattutto la possibilità di aggiornare e rinnovare il materiale e la propria formazione.
Un po’ di tempo fa, quindi, il Dr. Madian, direttore sanitario dello SMUR 19 chiese ai due miei amici italiani Miriam e Carlo, che lavorano da anni all’Ospedale Balbalà, se conoscevano persone che volessero partecipare all’organizzazione iniziale di questo progetto, offrendo aiuto professionale.
Miriam girò la proposta a me e al mio amico e collega Gianluca, sapendoci interessati anche in virtù della passata collaborazione.
E così, durante le prime settimane, abbiamo fatto riunioni con i coordinatori SMUR, ascoltato le loro richieste, osservato il loro metodo di lavoro, intervenendo insieme con un loro equipaggio su un grave incidente stradale, lungo una pista impossibile, in un canyon sperduto. Abbiamo elaborato, insieme ai loro giovanissimi operatori di centrale, la scheda di ricezione dei servizi.
Poi siamo passati agli autisti: abbiamo tenuto, in francese, dei corsi di primo soccorso e sui presidi d’ambulanza, tradotti simultaneamente in somalo dal loro ufficiale coordinatore. Gli autisti sono quasi tutti trentenni o quarantenni, sono militari che sicuramente ne hanno viste un bel po’ durante la loro guerra civile, abituati a lavorare utilizzando il nulla e si vedeva. Pochi parlano francese ma siamo riusciti comunque a comunicare, anche scherzando insieme.
In una più che assolata mattina hanno appreso le tecniche fondamentali di soccorso al traumatizzato della strada, confrontando le loro con le nostre; e provandole si sono messi in gioco, senza far cadere dall’alto la loro esperienza e questo l’ho capito anche se di somalo so solo due parole.
Sono stati tenuti corsi anche agli infermieri, ai “terzi” o soccorritori generici, tutti giovani, e alle ostetriche. Infatti, visto l’alto numero di gravidanze complicate, quando c’è una richiesta di soccorso l’ostetrica parte con l’equipe e accompagna la donna in ambulanza fino al centro sanitario. Considerato lo stato delle strade, si tratta di viaggi spesso di due o tre ore per percorrere 100 o 150 km di deserto di pietra.
Gli equipaggi sono formati da tre persone (autista, infermiere e terzo soccorritore) e fanno turni di 15 giorni continuativi 24 ore al giorno, ricevendo poi il cambio, tutti nello stesso momento, ai vari distretti e hanno diritto a 5 giorni di riposo.
Se le nostre “lunghe” vi sembrano lunghe…
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