CANTIERI METICCI 6, Destini

Diari da uno spettacolo 2015
al laboratorio teatrale di Cantieri Meticci.
Contributi di Michele Benincasa e Lucia Bonini.


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avatar_MicheleDisegni: Michele Benincasa


Destini Mendel non capiva come facesse il rabbino a pensare
di farli arrivare vivi al tunnel, tuttavia era convinto
che ce l’avrebbero fatta. Sembrava del tutto naturale
che l’oscurità, alla quale si stavano avvicinando da tanto tempo,
adesso finalmente li avvolgesse, attirandoli nel suo vuoto –
il tunnel pronto a ingoiarli come tante monetine
fatte cadere in una tasca.

Nathan Englander, Gli acrobati, in Per alleviare insopportabili impulsi, Einaudi, 1999.

Nella mitologia greca il dio Fato, figlio di Caos e della Notte, era una forza alla quale nessuno, nemmeno gli dei, potevano sottrarsi. Immaginato come cieco, interveniva a modificare il corso della vita degli uomini senza una ragione precisa. Fatali erano appunto gli eventi ritenuti inevitabili, preordinati e necessari, al disopra dell’umana capacità di volere e di potere. Il Fato lo si subisce, ad esso ci si rassegna come ad una potenza superiore che opera secondo leggi immutabili e imperscrutabili, come l’irresistibile potere o agente che determina il futuro, sia dell’intero cosmo sia di ogni singolo individuo. Nel linguaggio moderno, al Fato si è sostituito il destino, il quale invece può essere cambiato perché l’uomo, ciascun uomo, è artefice della propria sorte che, nella maggioranza delle culture, può essere conosciuta solo per tramite di uno sciamano, un profeta, una sibilla, un veggente.

Lunedì 27 aprile, ore 20.30, Centro Civico Zonarelli di San Donato: le parole Destino e Destinazione sono al centro del lavoro degli attori del laboratorio teatrale di Cantieri Meticci per richiedenti asilo politico, sotto la direzione di Pietro Floridia.
Serata di immagini fortemente evocative e di grandi interrogativi: si può fuggire alla propria sorte? E come? La nostra vita è fatta di direzioni lineari o di ineluttabili ritorni? Divisi in due cerchi in senso inverso, gli attori camminano al ritmo di Orpheus’Waltz (in the making), brano struggente di Katerina Polemi; dal passo dei carcerati nell’ora d’aria si passa gradualmente al passo dell’uomo libero, che evoca un ricordo, una fuga verso tempi migliori. Una ruota che gira su se stessa simboleggia il tempo del continuo ritorno, la coazione a ripetere. Al contrario, la scala rappresenta il tempo lineare del destino. Se la nostalgia gira su se stessa scandita dal ritmo della memoria, le funi attorcigliate e le scale in successione su cui camminano gli attori sono la ragnatela dei destini incrociati delle nostre vite.
Come ci si libera dalla prigionia della sorte? Come dall’ossessivo ritorno? La fuga è possibile? Sulle note surreali e dissacranti di Crack of Doom di The Tiger Lillies, gli attori inventano possibili percorsi di fuga, scomposti e caotici, ma la fuga qui – dice Floridia – è impossibile, l’Angelo della Morte vigila, alla fine il binario termina ad Auschwitz. Del resto, la parola destiny nell’inglese antico equivaleva a doom, vale a dire cataclisma o giorno del giudizio.

avatar_LuciaParole: Lucia Bonini


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